Riportiamo le riflessioni conclusive di presentate al termine del ciclo di incontri “Lavorare stanca? Quale dignità in quale lavoro per crescere insieme”, organizzato nell'ambito del Festival della Cultura Tecnica 2022. Vengono ripresi i principali temi affrontati da diverse prospettive, sia sul piano sociologico, economico, storico e culturale del mercato del , sia sul piano soggettivo psicologico del rapporto delle giovani (e non solo) generazioni con il mondo del nella realtà attuale sempre più complessa. Sono emersi molteplici spunti che poniamo all'attenzione dei lettori, lieti di poter accogliere commenti e ospitarli in questo blog.

Tra il 12 ottobre e il 15 dicembre 2022 si è svolto a Bologna un ciclo di 6 incontri sul tema oggetto di riflessione del Festival della Cultura Tecnica 2022, cioè l'obiettivo 8 dell'Agenda 2030: dignitoso e crescita economica.

Riprendo brevemente le due considerazioni che hanno fatto da frame all'intero ciclo:

1. ci aveva colpito la sottolineatura dell'aggettivo “dignitoso” attribuito al , quindi non semplicemente “” ma un lavoro che sia dignitoso per la persona coinvolta: ci eravamo chiesti cosa significa dare dignità nel lavoro, ma anche in quale lavoro, di quale lavoro parliamo? Domanda non retorica, anzi doverosa, visto che oggi viviamo in un'epoca in cui è cambiato profondamente il significato di lavoro, sicuramente diverso da quello di alcuni decenni fa, quando la mia generazione si è affacciata sul mondo del lavoro – e c'era il mito del “posto fisso” e funzionava anche l'”ascensore sociale”. Abbiamo posto questa domanda al centro degli interventi di tutti gli incontri, per cercare di dare qualche risposta, pur consapevoli che il dibattito è tuttora aperto.

2. perché il titolo del nostro ciclo: rimanda ad un'opera poetica di Cesare Pavese, che nel 1936 a 28 anni, scrisse la sua prima raccolta di poesie, “Lavorare stanca”, in cui parlando di “Gente che non capisce, narrava di Gella, che abita in campagna ma lavora in città, che è […] stufa di andare e venire, e tornare la sera / e non vivere né tra le case né in mezzo alle vigne. Vi si può leggere l'esaltazione insieme del lavoro e della vita vagabonda, ma senza gaiezza, con lo struggimento di chi non si integra: un ragazzo nel mondo degli adulti, senza mestiere nel mondo di chi lavora, senza donna nel mondo dell'amore e delle famiglie, senza armi nel mondo delle lotte politiche cruente e dei doveri civili.

Da Pavese abbiamo preso solo la suggestione del titolo, aggiungendo un “?”, che lo fa diventare una domanda, ma anche una provocazione, per cercare di capire cosa sta succedendo oggi, in un mondo sempre più complesso, in continuo cambiamento, sfidante, impegnativo. Assistiamo infatti all'emergere di diversi fenomeni alcuni apparentemente contraddittori, tutti meritevoli di approfondimento, che abbiamo affrontato senza pretese di essere esaustivi, considerato che il tema Lavoro è al centro sempre più dell'attenzione di politici, media, cittadini, imprese, scuole e università.

Negli incontri, sono stati indagati aspetti paradossali del fenomeno “lavoro dignitoso”, quali il tema del Lavoro che non piace (1° incontro): persone (anche giovani) che lasciano il lavoro che hanno – magari prestigioso secondo certi parametri condivisi a livello generale, compreso un maggior reddito – per fare qualcos'altro, completamente diverso e spesso meno redditizio (fenomeno della ). Dall'altro persone (soprattutto giovani) che il lavoro non lo cercano neppure, non frequentano scuole o tirocini, sono inattivi, demotivati: parliamo del fenomeno dei . E ci siamo domandati quale è il senso del lavoro oggi per questi diversi interlocutori.

Successivamente (2° incontro) l'analisi si è centrata su Il Lavoro che non c'è o non c'è più, mettendo a fuoco il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, Chi cerca lavoro e non lo trova, ma anche chi cerca lavoratori e non li trova.

Abbiamo poi dedicato il 3° incontro ad un aspetto importante rappresentato dal Lavoro conquistato, analizzando il significato e gli esiti dell'inclusione socio-lavorativa, come prodotto di un impegno personale e collettivo di superamento della marginalità.

Nel 4° incontro è stato focalizzato il tema del Lavoro non riconosciuto, cioè il lavoro di cura oggi e lo scarso valore (di immagine ed economico) assegnato in generale ai lavori, anche pagati, di servizio alle persone (e qui il concetto di dignità si pone in modo preciso).

Tema del 5° incontro è stato “Vecchi e nuovi lavori. Come stanno cambiando le professioni” nel mondo attuale, a partire dalla professione docente. Il focus è stato rivolto poi alle trasformazioni del lavoro per effetto dell'innovazione digitale, all'importanza di anticipare i fabbisogni di nuove competenze professionali e anche di adottare un nuovo “vocabolario del lavoro”, individuando “le parole che servono per immaginarlo, pensarlo e viverlo”.

L'evento conclusivo del ciclo, il 15 dicembre si è centrato su “Quale educazione al lavoro? Quali competenze promuovere nelle varie fasi della vita per sostenere l'occupabilità, in sostanza quali cambiamenti riguardanti l'educazione, la e i servizi occorre mettere in atto, per promuovere competenze trasversali strategiche e imprenditive/imprenditoriali, finalizzate al re/inserimento in un lavoro dignitoso.

Cosa ci portiamo a casa dopo questi incontri così intensi e partecipati:

  • dal punto di vista quantitativo, possiamo sottolineare che sono stati fatti 6 incontri, 16 ore circa di lavori in aula (Sala del Consiglio della sede metropolitana, in via Zamboni, 13), trasmessi anche online, 41 relatori, 38 contributi. Il numero dei partecipanti (in presenza e online) è stato in totale circa 200-250; il numero delle visualizzazioni totale circa 450-500
  • dal punto di vista qualitativo, cioè dei contenuti affrontati, non è semplice sintetizzare 38 contributi e si rischia sempre di far torto a qualcuno, ma gli interventi sono tutti visibili e scaricabili dal sito del Festival. Avevamo identificato 6 piste tematiche all'interno del ciclo (che sono state riprese nei titoli dei 6 incontri) per approfondire alcuni aspetti, senza pretesa di esaurire un tema così complesso e cruciale al centro delle riflessioni sindacali, politiche, sociologiche, economiche, valoriali, etc

Quali erano i nostri obiettivi:

A. indagare il concetto di dignità del lavoro e, insieme,

B. analizzare il significato del lavoro oggi, oggetto di profondi cambiamenti sotto molteplici aspetti e tema cruciale del dibattito politico. Ma ci interessava anche

C. capire cosa significa da un punto di vista soggettivo, psicologico, il “lavoro” per diverse categorie di interlocutori, giovani ma non solo, persone con , persone in situazione di marginalità, donne, docenti, caregivers: cosa rende dignitoso per loro il lavoro, è portatore di soddisfazione e di crescita personale, degno di essere scelto e mantenuto, è ancora oggetto di investimento?

D. capire di conseguenza, da un lato, come organizzare servizi di accompagnamento e inserimento al lavoro che rispondano ai bisogni delle persone e, dall'altro, quale tipo di proposte mettere in campo per coloro che, ad esempio, un lavoro non lo cercano.

Ci siamo chiesti se sono davvero in discussione i concetti di lavoro, carriera, il fatto stesso che sia necessario lavorare per vivere, l'importanza del lavoro nella vita. O è soprattutto il desiderio di un lavoro diverso, appunto (diversamente) dignitoso? Quali sono gli elementi rilevanti di quella che può essere oggi una efficace “educazione al lavoro”, dai primi anni di vita fino all'età adulta. Sicuramente la pandemia covid e i recenti eventi bellici hanno contribuito a modificare la percezione del futuro e i progetti di vita, soprattutto tra le giovani generazioni, ma si tratta probabilmente di qualcosa di più ampio, e che ha radici più lontane.
Ci sono fenomeni, alcuni piuttosto recenti e apparentemente contraddittori, che rendono complesso il quadro: la , che è presente anche in Italia; l'aumento del numero di giovani che non studiano e non lavorano; i laureati che faticano a trovare lavoro; le imprese che lamentano in modo sempre crescente la difficoltà a trovare addetti nei settori più strategici della nostra economia.

Una lettura sintetica pone in evidenza due livelli:

A. Diverse relazioni hanno tracciato in modo efficace il quadro del mercato del lavoro oggi, dal punto di vista economico e sociologico, cercando di spiegare il gap tra domanda e offerta di lavoro (Matteo Casadio, Unioncamere) e i profondi cambiamenti intervenuti (Patrizia Paganini Agenzia regionale per il lavoro). In specifico, si è sottolineato che:

  • mancano candidati con STEM per i profili professionali alti, c'è un passaggio difficile tra scuole superiori e Università (ruolo dell'orientamento), ma mancano candidati anche quando non è richiesto alcun titolo; inoltre è diminuita la capacità delle imprese di attrarre personale (Martina Mauri, Politecnico Milano)
  • il Mercato del lavoro è più frenetico quando l'offerta non si adegua alla domanda = non si promuove crescita – non si sviluppa la contrattazione salariale – rischio “esplosione” al primo accenno di decrescita (Matteo Casadio, Unioncamere)
  • ci siamo soffermati sul cambiamento delle professioni legato a fattori di contesto, che hanno investito anche professioni tradizionalmente solide, come quella dell'insegnante (Ira Vannini Unibo e Chiara Brescianini USR), sugli sforzi e la difficoltà di modificare la percezione sociale del lavoro di cura (Letizia Lambertini e Franca Maino), e del ruolo del volontariato (Cinzia Migani) e dell'importanza di un Piano per l'uguaglianza di genere (Ziosi, Belluto, Bertoni e Simona Lembi):
  • tutti cambiamenti che sono dovuti anche a fattori oggettivi, quali l'impatto delle innovazioni digitali sul concetto stesso di lavoro (Daniela Freddi responsabile Piano metropolitano economia sociale; Gabriele Marzano direzione generale Economia della conoscenza RER)
  • si è sottolineata l'importanza di anticipare il fabbisogno di competenze professionali nei nuovi ambiti (digitale ed ecologico) (Marzano, RER) indicando anche strumenti concreti per questa operazione di sistema (come il cruscotto delle skills intelligence messo a punto da ART-ER (Lara Porciatti ART-ER)

B. dall'altro c'è un versante soggettivo, psicologico del Lavoro che non piace, legato alle decisioni delle persone: sono in aumento le dimissioni volontarie anche nel della Città metropolitana (Paganini, dal 19% del 2019 al 24% del 2022, più gli uomini rispetto alle donne), oltre che a livello nazionale (v. ricerca del Politecnico Milano: 59% dei giovani under 30), si assiste all'incremento del fenomeno delle Grandi dimissioni – o (Luca Pietrantoni Unibo) legato alla crescita della insoddisfazione lavorativa: quali le motivazioni di tale insoddisfazione? Nel dibattito in corso si discute sul senso e il del lavoro, sul cambiamento di priorità: è insoddisfazione o una aumentata esigenza di realizzazione personale?

E gli interrogativi aumentano: Si pensa di avere pieno controllo della propria vita? Oppure è una conseguenza della «hustle culture» (cioè quell'insieme di credenze condivise culturalmente che ci fanno credere che è necessario lavorare sempre più duramente per raggiungere la perfezione – stakanovismo) e da sforzi di impegno e di orario non ricompensati? l'apatia e la scarsa collaborazione sono dei rischi per crescita e produttività?

E, quello che è grave, si fatica a cogliere i segnali di malessere delle persone al lavoro, come dimostrato dalla ricerca del politecnico di Milano (Martina Mauri) sulle nuove aspettative delle persone, mismatch di competenze, e fattori di incertezza esterna (guerra, crisi energetica)

Riprendo alcuni titolo segnalati da diversi relatori nel corso di questi incontri:

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Yolo,“You only live once” è una versione moderna del latino Carpe diem, cogli l'attimo, significa che “dal momento che si vive solo una volta, è necessario vivere la vita al massimo, anche quando ciò significa accettare scelte comportamentali avverse che comportano un rischio intrinseco”.

Altri segnali degni di nota sono legati al cambiamento di aspettative dei laureati (v. dati di alma laurea, presentati da Eleonora Bonafé) e la ricerca di Rita Chiesa (Unibo): rimane cruciale la domanda che si pongono adolescenti e giovani: “cosa farò da grande?”, cui secondo Matteo Casadio, oggi molti rispondono: “Boh?”

Per non parlare del fenomeno dei giovani in situazione (di cui hanno parlato con diversi accenti, Rosina, Marzano, Sarti) che è fonte di grande preoccupazione e che si cerca di arginare, tentando di dare risposte concrete e operative (come ad esempio, il Protocollo regionale per la realizzazione di azioni integrate finalizzate allo sviluppo di competenze a favore dell'occupabilità dei giovani e a contrasto del fenomeno dei , recentemente firmato con Città metropolitana e Comune di Bologna).

Ma c'è anche il Lavoro conquistato da parte di persone in situazioni di marginalità: è un grande insegnamento che ci viene da queste persone, alcune anche “a occupabilità complessa” per cui il lavoro è cercato e voluto fortemente come espressione di sé, di una raggiunta identità professionale, nonostante le difficoltà, le fisiche e mentali, testimoni di una operosità inclusiva (come ci hanno presentato efficacemente durante il 3° incontro, diversi relatori, Callegari, Fioritti e Guglielmi, Donegani e Tomelli, Dionigi, Patuelli e Sandri)

Infine, cosa si propone? Abbiamo registrato una molteplicità e una ricchezza di spunti:

Gianluca de Angelis (1° incontro), “Lavoro senza cura: tra aspirazioni disattese e insoddisfazione: qual è il senso del lavoro?” = la cura.serve un cambio di prospettiva, dall'individuale al collettivo, che metta al centro le persone e non le imprese, che metta al centro il salario e non il profitto. Che metta al centro la cura e l'interdipendenza tra gli esseri viventi. Nel documento della Conferenza Generale dell'Organizzazione internazionale del lavoro, 1944, si affermava che il lavoratore e la lavoratrice hanno il diritto e il dovere di contribuire per il benessere comune, avendo la soddisfazione di mostrare la propria abilità e conoscenza. È la combinazione del quanto e del come e del perché che rende dignitoso anche un lavoro che potrebbe sembrare poco interessante (v. l'intervento di De Angelis su questo blog)

Martina Mauri (1° incontro): ha sostenuto la necessità di un nuovo approccio sostenibile al lavoro, in cui sono centrali i temi del benessere, dell'engagement, dell'inclusione e valorizzazione, della employability

Roberto Rizza (2° incontro): ha sottolineato l'importanza delle politiche attive del lavoro in grado di intervenire sugli elementi costanti e strutturali del lavoro, e la cui assenza o scarsa incisività ci penalizza anche rispetto alla situazione di altri Paesi europei

Silvia Zanella (5° incontro): ha ricordato l'importanza di un nuovo vocabolario per parlare di lavoro oggi, immaginarlo, pensarlo, viverlo: “E non mi faccio una ragione che del lavoro si parli così poco, e che non sia nell'agenda quotidiana dei media. Ma non del singolo provvedimento, ma della gigantesca trasformazione culturale che sta attraversando e che muterà le nostre vite e quelle delle generazioni a venire. c'è un lessico prettamente aziendalese, di origine americana tendenzialmente digitale, il linguaggio della pandemia, i termini più storici, quasi tutto di derivazione sindacale diretta – che non “si appiccicano” più al mondo del lavoro attuale. Se il lavoro rimane senza parole, inevitabilmente lavorare stanca, e stancherà sempre di più. Il lavoro è rimasto senza parole, dice il secondo punto del Manifesto della Nuova Cultura del Lavoro promosso dalla rivista Senza Filtro di Stefania Zolotti e Osvaldo Danzi. (v. l'intervento di Zanella su questo blog).

Tutti i relatori dell'ultimo incontro hanno insistito sulla necessità di puntare sulle nuove competenze, avendo presente l'ecosistema dell'innovazione, l'alleanza scuola-lavoro (v. l'intervento di Giovanni Desco su questo blog), la promozione di progetti educativi per le competenze strategiche e imprenditoriali, l'importanza di favorire e sostenere l'apprendimento permanente, creare e manutenere reti di alleanze tra tutti i protagonisti interessati.

Per finire:

  • lavorare stanca? Sì, ma anche NON lavorare stanca (come ha sottolineato nel suo intervento l'assessore regionale Vincenzo Colla, richiamando il ruolo fondamentale ricoperto dall'Orientamento, come chiave per affrontare il gap tra domanda e offerta
  • ma forse serve qualcosa di più: il focus sulla Dignità nel lavoro ci ha fatto capire che ci sono tante sfaccettature, tanti fattori in gioco, servono non solo retribuzioni migliori e più adeguate (che certo sono importanti e vanno date), ma anche rispetto dei diritti, migliore comunicazione, rapporti interpersonali, senso di realizzazione, di poter dare un contributo alla comunità, di valere qualcosa e di essere riconosciuto e apprezzato, di ricerca di benessere fisico, psicologico e relazionale (e forse tanto altro)…
  • ed ora ci salutiamo con una capriola “alla Alessandro Bergonzoniil quale ha inventato un verbo: capolavorare.

“vuol dire smettere di fare solo il proprio mestiere e farne altri con incanto. Voglio prendere lezioni di incanto. Il ponte Morandi è caduto perché qualcuno non ha saputo capolavorare. L'uomo non capolavora più, al massimo lavora, ma non lavora ad arte”.

(da La Repubblica 3 dicembre 2022, pp centrali Robinson)

 

 

Presidente Istituzione Minguzzi
Responsabile scientifica del ciclo

*Tutte le registrazioni degli incontri e i materiali presentati sono disponibili e scaricabili dal sito del Festival della Cultura Tecnica