Il Centro Handicap compie 40 anni. Attivo dal 1982 per iniziativa di A.I.A.S. Bologna come centro di sui temi della , del disagio sociale, del e del terzo settore, è a tutt'oggi, anche a seguito delle sue trasformazioni (divenuto dal 1996 Associazione Centro Handicap, affiancata dal 2004 dalla Cooperativa Sociale Accaparlante Onlus), un importante “laboratorio culturale aperto” della realtà bolognese. Riportiamo le considerazioni e le memorie di , giornalista, tra i fondatori storici del Centro.

La S.V. è invitata alla inaugurazione della centro di promossa da questa Associazione, che si terrà il giorno sabato 26 febbraio 1983 alle ore 16 nella sala del Quartiere Colli, via San Mamolo 24, Bologna”. Così recita l'invito stampato allora dalla sezione AIAS di Bologna per l'inaugurazione del (…questo è il nome con cui è comunemente conosciuto) che la stessa associazione ha gestito dal 1983 al 1996 e che poi è diventato una associazione autonoma, Associazione , affiancata dai primi anni 2000 da una cooperativa (Accaparlante) strettamente legata.

Chi scrive ha partecipato alla fase fondativa di quella esperienza, durata pressappoco per tutto il 1982, e vi ha lavorato, prima come Aias e poi come Associazione fino al 2004 quando, come accade non di rado in molte esperienze vissute intensamente, e spesso nel terzo settore, diversità di vedute sul “come andare avanti”, su come “interpretare i segni dei tempi”, su come “gestire i linguaggi” portano ad intraprendere strade diverse.

Oggi il è profondamente diverso da quello di quei primi anni pionieristici, e in larga misura è inevitabile che sia così, come capita a tutti gli organismi viventi, ma mi fa piacere aprire una pagina su quel tempo, una sorta di servizio TV in bianco e nero come si vedono su RAI Storia o RAI .

Lo faccio pubblicando tre documenti che ne ripercorrono le ragioni fondative di un gruppo di persone molto (20/25 anni) che si affacciavano, con già alle spalle diversi anni di praticato o “subito”, alle prime esperienze di tipo lavorativo e a una dimensione di tipo culturale e politico. Alcune sedute su una carrozzina terminate le scuole superiori (1), altri non in carrozzina ancora all'università o neolaureati e, i maschietti, con davanti anche i 20 mesi di servizio civile come obiettori di coscienza. Mi fa piacere ricordare i nomi di tutti quei compagni di avventura di cui tre sono tuttora al (Claudio Imprudente, Annalisa Brunelli, Nicola Rabbi), uno purtroppo è deceduto ormai da molti anni (Alberto Fazzioli) e altri cinque hanno preso strade differenti (Andrea Tinti, Michele Morritti, Mauro Sarti, Maria Cristina Pesci e il sottoscritto).

 

Storie di salami

Il primo documento, “Il salame dell'handicap” (https://www.superando.it/files/2023/03/cdh-salame-handicap.pdf ) è una sorta di manifesto programmatico del neonato. Ingenuo, enfatico a tratti, echi donmilaniani, una sorta di dichiarazione di intenti con alcuni rudimenti sociologici, fatto col ciclostile (!!!); i computer allora non c'erano ancora e il ciclostile balzava agli onori delle cronache soprattutto per i comunicati delle Brigate Rosse. Ma grandi non si nasce, si diventa, e per fortuna ci sono state quelle parole che lette oggi fanno sorridere nel confronto con i corpi non conformi, l', le neurodivergenze, il diversity management. Solo pochi mesi fa ho scoperto che all'epoca (1987), in occasione del 25° anniversari di AIAS, la redazione bolognese di Canale5 lo usò come parte della sceneggiatura di un video che ancor oggi non sfigurerebbe tra l'armamentario dei vari attivisti ed influencer. Da poco AIAS lo ha ritrovato in qualche cassetto, riconvertito dal preistorico formato betamax (tecnologia anni ‘70) e pubblicato su youtube (https://www.youtube.com/watch?v=vqQy8sTZfrA )

 

La degli handicappati

Il secondo documento riattualizza il lavoro del CDH alla luce della esperienza dei primi sette/otto anni di lavoro, attraverso un articolo pubblicato su Accaparlante, la prima delle riviste che il CDH editò (2).

Nell'articolo “La degli handicappati” ( https://archivio.accaparlante.it/?p=384 ) chi scrive ripercorreva il rapporto tra il CDH e la città in cui era nato, rapporto tra una città simbolo in quegli anni di impegno sulla , con uno strano oggetto, il CDH, che a volte non si sapeva dove mettere (…e forse nemmeno noi lo sapevamo) ma che poi ci permise, negli ultimi anni in cui uscì, di aggiungere il sottotitolo “l'handicap fuori dalla riserva” alla nostra rivista Rassegna stampa handicap.

Fuori dalla riserva non solo come costruzione culturale, ma anche frutto delle assurdità che ci venivano dette (riportate nell'articolo, come “noi siamo l'assessorato alla Cultura dovete andare ai servizi sociali”; “la sull'handicap significa fare un nuovo ghetto – consigliere comunale PCI”, “...bello che vi trasferite al Parco della Lunetta Gamberini così i ragazzi possono prendere aria…”) e dei fecondi rapporti di scambio con altre realtà italiane come il gruppo Abele, la Comunità di Capodarco, il Gruppo Solidarietà e, tra le associazioni, più che le altre sezioni AIAS italiane, soprattutto alcune sezioni della UILDM (Milano, Padova, Bergamo, Udine, Pisa) e alcune figure che hanno fatto la storia della in Italia come Andrea Canevaro, Gianni Selleri, Rosanna Benzi (3), Cesare Padovani (4), Franco Bomprezzi, oggi tutti scomparsi.

 

Di Rino ed Enrica

Il terzo documento è riservato alla casa madre, la sezione AIAS di Bologna, al presidente dei primi anni'80, Rino Montanari, che ebbe l'idea di allestire una e, soprattutto, alla presidente successiva, Enrica Lenzi che, resistendo anche a forti critiche interne sul fatto che si spendessero soldi in libri e riviste e non in assistenza, pulmini e vacanze estive, navigando spesso “in direzione ostinata e contraria” ( https://www.bandieragialla.it/news/ricordo-di-enrica-lenzi-spesso-in-direzione-ostinata-e-contraria/ ) diede slancio alle attività lasciando, tra incoscienza e coraggio, carta bianca al gruppo di lavoro del CDH di fare e disfare ciò che riteneva giusto senza che questo massacrasse i bilanci della associazione. La parola d'ordine era “data una idea dove troviamo i fondi”…e quasi sempre ce l'abbiamo fatta (50% vendendo i nostri prodotti, 15% dalla Cultura e 35% dall'Assistenza…allora si chiamava così).

Poi nel tempo la parola d'ordine si è ribaltata di 180°, per varie ragioni, alcuni anche comprensibili, ma questa è un'altra storia.

 

Un servizio mai girato

Il servizio TV in bianco e nero forse più importante però non è mai stato girato, ed è la storia di un fallimento ma forse, almeno per me, la cosa più significativa, dal punto di vista emblematico, prodotta da quella esperienza. Si tratta di Roberta che aveva cominciato a frequentare il CDH dopo aver abbandonato le scuole superiori dopo la prima o la seconda, non ricordo bene. Roberta decise un giorno che avrebbe voluto riprendere gli studi e tornare a . La famiglia non resse a quel desiderio (desiderio, dal latino de-sidero, camminare in senso contrario a quanto indicano le stelle, il destino) e le impedì di continuare a venire. Di lei non ho mai saputo più niente.

E a lei e ad Enrica dedico queste annotazioni.

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Note

(1) A.Biancardi, M.Manferdini, G.Pellegrini, L.Viggi, Ti presto un braccio, edizioni Dehoniane, 1983, collana Gli esclusi diretta da A.Canevaro in collaborazione con CDH

(2) Accaparlante (poi HP-Accaparlante) è uscito per 36 anni, dal 1983 al 2019. L'altra rivista edita, Rassegna stampa handicap (una selezione commentata di ciò che in Italia si pubblicava sulla ) è uscita dal 1985 al 1991 e fu un piccolo miracolo economico/editoriale in quanto tra abbonati paganti (750) e alcune pubblicità riusciva a pagare quasi interamente i costi di produzione

(3) https://www.youtube.com/watch?v=t9NzwExNJsI

(4) https://www.superando.it/2016/01/28/cesare-bibi-e-bibo-e-la-leggerezza-dellhandicap/

[Il presente articolo è apparso per la prima volta sul giornale superando.it curato dalla FISH. Viene qui ripreso con alcune variazioni ed integrazioni]