Nell'ambito del Festival della Rete Specialmente in Biblioteca, dedicato a L'attualità della , l'8 novembre 2022 si è tenuto un seminario sul tema La del futuro. In quell'occasione, organizzata dall'Istituzione Minguzzi e dalla Facoltà Teologica dell'Emilia-Romagna, ha presentato un contributo prezioso, approfondito e ricco di suggestioni sul concetto di e sulla prospettiva temporale, basandosi su analisi e dati di ricerca in campo psicologico e psicosociale.

Il non è un dato sensoriale come lo spazio, ma è un'esperienza complessa e con molte sfaccettature in cui confluiscono sia le esperienze individuali di sequenze di eventi e azioni, sia le convenzioni collettivamente costruite del sociale. Non abbiamo neanche un organo che ci avvisa del passare del (usiamo da sempre degli indicatori, degli strumenti per essere in grado di misurarlo). Eppure la nostra vita umana è imbevuta di temporalità: infatti, noi dipaniamo le nostre giornate, diamo loro un ordine attraverso la dimensione temporale, fatta di orari, di prima e di dopo, di concatenarsi di azioni dirette ad uno scopo.

E ancora, il è un elemento importante per il senso della continuità di sé che è assolutamente indispensabile nella costruzione della nostra identità. Illustrazioni in questo senso si hanno, ad esempio, nella patologia neurologica. Nel libro di Oliver Sacks L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello (1986), sono presentati dei casi in cui un danno grave della ha un rebound importante sull'identità. Uno di questi casi è proprio intitolato “Una questione di identità” in cui il signor Thompson, affetto da una forma grave della sindrome di Korsakov, navigava in una dimensione di perenne disorientamento, amnesie che lui colmava con una serie fantasmagorica di invenzioni e racconti. Pazienti di questo tipo devono letteralmente inventare sé stessi e il proprio mondo ad ogni istante (p. 153). Il racconto di sé, la propria storia risultano spezzati, perdita di ma anche di “sentire”, una specie di livellamento (così chiamato da Lurija) che annulla ogni mondo e ogni sé (che Sacks definisce la “cittadella”). Anche il caso di Jimmie, “il marinaio perduto”, che si è fermato nel tempo (fine della 2° mondiale), mostra in modo impressionante gli effetti devastanti di una perdita di selettiva che cancella una parte importante del passato e rende il presente quasi inutile nell'impossibilità di memorizzare. In tali condizioni nemmeno il futuro può esistere. Anche Lurija, il grande neurologo russo, descrive questi pazienti che hanno gravi disturbi nell'organizzazione delle impressioni degli eventi e della loro successione temporale. “Essi perdono la loro esperienza integrale del tempo e cominciano a vivere in un mondo di impressioni isolate”. A volte lo sradicamento dalla dimensione temporale può coinvolgere porzioni importanti del passato, che vengono letteralmente cancellate, come nel caso di Jimmie (responsabili possibili: sindrome di Korsakov, ma anche tumori cerebrali).

Non essendo un dato sensoriale, non avendo noi organi per misurarlo, il senso del tempo deve essere costruito. Si comincia fin dalla primissima infanzia, con varie difficoltà. Difficile per bambini anche di 3-4 anni distinguere fra le parole “ieri” e “domani”, il bambino tende a vivere più nella dimensione del presente che nelle altre. Arrivano poi tutti gli apprendimenti legati alla socializzazione (la famiglia, la scuola che con i suoi ritmi è molto importante) che producono una classificazione degli eventi in una catena temporale, come pure l'ordine delle azioni quotidiane pervase di tempo. Costruzione lenta e faticosa, mentre nello spazio i bambini cominciano ad orientarsi già durante il primo anno di vita e ben presto imparano concetti come “sopra” e “sotto”, “vicino” e “lontano”, “qui” e “là”, “davanti” e “dietro”. Questa faticosa, complessa costruzione della temporalità pare in ogni caso abbastanza fragile: traumi, malattie neurologiche, degenerazioni cerebrali senili possono distruggere molto rapidamente il senso del tempo e cancellare addirittura la memoria di sé, l'identità costruita su fondamenta temporali. Ma anche esperienze come la deprivazione sensoriale o traumi o esperienze di grande isolamento possono rapidamente alterare il senso del tempo. Nel romanzo La montagna incantata di Thomas Mann, la parola “tempo” è certamente una delle più ricorrenti, insieme alla riflessione del protagonista Hans Castorp su di esso. Egli si trova a trasformare un periodo di tre settimane di vacanza nel sanatorio di Berghof sulle Alpi svizzere per visitare il cugino Joachim, ricoverato per tisi, in anni di permanenza nella stessa struttura. Ad un certo punto Hans non riesce a mettere a fuoco da quanti anni stia nel sanatorio, né quanti anni abbia lui stesso. Egli non riesce neppure a progettare la propria partenza dal Berghof, a immaginare cosa farà “dopo”. Non per patologie neurologiche, ma per la strutturazione sempre uguale delle giornate, che abbatte la consapevolezza del fluire dei giorni, in un luogo isolato, nel sentimento di precarietà dato dalla malattia, nell'affievolirsi degli echi della vita sociale che giungono molto ovattati e quasi sprovvisti di senso (eppure si stava avvicinando la catastrofe della 1° mondiale).

La si occupa dell'orientamento temporale, come capacità di situare azioni ed eventi in una catena temporale. Il concetto più utilizzato nella ricerca è, tuttavia, quello di PROSPETTIVA TEMPORALE, che può essere definita come un costrutto cognitivo-motivazionale multidimensionale, che riguarda pensieri e sentimenti su passato-presente-futuro (Mello e Worrell, 2015). Frank (1939) per primo ha usato la nozione di prospettiva temporale, nozione che si riferisce al tempo psicologico, che include passato, presente e futuro per come vengono esperiti dall'individuo. Questo tempo psicologico fa parte dello spazio di vita ed è in grado di influenzare i piani d'azione, l'assetto emozionale, l'energia orientata allo scopo (Lewin, 1951). Come sottolineava Lewin (1951; trad. it. 1972, p. 105) a proposito del complesso situarsi nel tempo delle persone, “il comportamento di un individuo non dipende interamente dalla sua situazione attuale. Il suo umore è profondamente influenzato dalle sue speranze e dai suoi desideri, nonché dai suoi punti di vista circa il proprio passato. Il morale e la sicurezza di un individuo sembrano dipendere più dalle sue aspettative circa il futuro che dalla piacevolezza o spiacevolezza della situazione attuale.” Carstensen (2006) sostiene che il tempo costituisce una parte integrante di quasi tutti i fenomeni psicologici e che la percezione temporale gioca un ruolo centrale nello stabilire gli scopi, con importanti implicazioni emozionali, motivazionali e cognitive. Anche per Zimbardo e Boyd (1999) la prospettiva temporale costituisce un processo fondativo tanto nel funzionamento individuale quanto in quello societale; si tratta di un processo spesso non consapevole attraverso il quale i flussi ininterrotti di esperienze personali e sociali sono assegnate a categorie temporali che aiutano a dare ordine, coerenza, e significato a questi eventi. Nello strumento ideato dagli autori per la misurazione della prospettiva temporale (ZTPI) sono presenti le tre dimensioni di passato, presente e futuro e per le prime due dimensioni abbiamo la distinzione fra passato positivo e negativo, per il presente abbiamo la differenziazione fra presente edonistico e presente fatalistico, mentre il futuro è rappresentato da un'unica dimensione tendente alla positività. La dimensione del futuro negativo è stata poi aggiunta nello strumento ZTPI da Carrelli et al. (2011). Il centraggio preferenziale su di una o l'altra dimensione, e sulle sotto-categorizzazioni, non è senza conseguenze su una serie di decisioni, eventi, comportamenti dell'individuo. Nelle pagine seguenti preciseremo alcuni aspetti del presente edonistico e fatalistico della suddetta scala.

La clinica, soprattutto quella di matrice psicoanalitica, lavora molto sulla dimensione del passato, nella convinzione che molte delle difficoltà psicologiche delle persone affondino le loro radici nelle prime esperienze di vita e in particolare nei legami di attaccamento verso i caregivers. Ma anche psicoterapie non psicoanalitiche si confrontano giocoforza col passato dei pazienti, anche se vi sono approcci psicoterapeutici che tendono a rinforzare il senso delle altre due dimensioni, soprattutto del futuro. Ad esempio, un'originale terapia per i pazienti post-traumatici consiste nella time perspective therapy (Sword, Sword, Brunskill e Zimbardo, 2014), in cui lo sforzo terapeutico si centra sulla rielaborazione della rappresentazione della propria prospettiva temporale, per cui il paziente viene aiutato ad allontanarsi dal passato negativo e a centrarsi sulle dimensioni del presente e del futuro, colti nelle loro valenze positive e costruttive. Luyckx e Robitschek (2014) hanno messo in luce, nella loro ricerca sull'importanza dell'impegno nella costruzione identitaria di adolescenti e , che la capacità di fare progetti (planfulness) è il principale predittore dello slancio costruttivo di sé e del benessere che vi è connesso. Per questi autori, gli psicologi clinici e i counselor che si occupano di adolescenti e di adulti hanno un ruolo importante nello stimolare alla progettualità (quindi insistenza sulla dimensione del futuro) per contrastare il disagio e promuovere il benessere psicosociale.

Uno dei periodi più fecondi per lo studio psicologico del tempo è l'. L'adolescente è in grado di collocarsi in una prospettiva temporale che include passato, presente e futuro, è in grado di proiettarsi in un avvenire più o meno vicino per il quale può predisporre azioni e costruire progetti, distinguendo acutamente il livello di realtà e di irrealtà di questo sguardo volto al futuro (Lewin, 1951). Lo sviluppo del senso del tempo in è consentito da un lato da una struttura cognitiva in pieno sviluppo che permette di accedere al “tempo nozionale” (Rodriguez-Tomé, Bariaud, 1986) e dall'altro dal dato esperienziale del rapido cambiamento di sé, che inevitabilmente propone un prima e un dopo, una sequenza situata in una temporalità pressante e che impone la necessità di mettere un ordine. Secondo Fraisse (1957), un altro studioso classico della temporalità, è proprio nell' che si afferma la “padronanza del tempo”, per la quale l'individuo è in grado non solo di muoversi sulle dimensioni teoriche e culturalmente definite del corso temporale, ma è capace di situare su queste dimensioni la propria storia identitaria, l'avvicendarsi dei ricordi, lo sguardo al futuro e il costruirsi di progetti. La capacità di pianificare costituisce uno strumento importante anche nell'organizzare le azioni della vita quotidiana (Dreher, Oerter, 1985). Proprio la capacità di situarsi compiutamente nelle dimensioni temporali costituisce la base sui cui l'adolescente può dare “un'armonica coerenza interna fra le diverse istanze che lo impegnano in una prospettiva di sviluppo” (Ricci Bitti, Zambianchi, 2011, p. 165).

Molte ricerche si sono svolte a partire dagli anni '70 del Novecento sulla prospettiva temporale negli adolescenti e nei adulti, con risultati diversificati. Teniamo conto non solo dei cambi generazionali, ma anche degli scenari politico-sociali molto cambiati, scenari che contribuiscono ad influenzare la prospettiva temporale delle persone. La prospettiva temporale non è solo un dato individuale, non si costruisce in un “vuoto sociale”. Gli psicoterapeuti Benasayag e Schmit (2003) sostengono che una parte della sofferenza psicologica degli adolescenti e di oggi sia dovuta al cambiamento di significato del futuro che con il procedere della crisi economica e occupazionale di questi ultimi anni, con la crisi climatica e il generale peggioramento delle condizioni del pianeta, ha cambiato di segno: dal futuro-promessa degli anni del benessere economico e degli avanzamenti tecnologici, in cui vi era la visione condivisa di un progresso senza confini, si è giunti ad una trasformazione in senso contrario che gli autori definiscono futuro-minaccia, in cui prevale la sensazione di una situazione bloccata, instabile e pericolosa tanto individualmente quanto collettivamente. Cavalli (2007) e con lui vari sociologi hanno parlato anni prima di Benasayag e Schmit di cultura del pessimismo, che influenza fortemente le rappresentazioni del futuro e il senso di progettualità delle nuove generazioni.

In una ricerca di Speltini e Molinari (2015) si è esplorato in adolescenti e in giovani universitari le connessioni fra pessimismo-ottimismo riguardante vari problemi del mondo attuale e assunzione di responsabilità individuale, trovando tre cluster molto ben delineati: gli adolescenti definiti come responsabili ottimisti non si sottraggono ad un'assunzione di responsabilità personale che li porta anche ad avere fiducia nella possibilità di vivere, in futuro, in un mondo migliore, in cui alcuni grandi problemi possano trovare soluzione. I disimpegnati, al contrario, si smarcano rispetto a un coinvolgimento in termini di responsabilità e vedono il futuro come un tempo «buio», in cui i grandi problemi che affliggono la nostra società non troveranno soluzione. Il terzo gruppo di soggetti, non previsto, comprende ragazzi che abbiamo chiamato responsabili pessimisti: sono adolescenti che si impegnano personalmente in termini di responsabilità pur ritenendo che ci siano scarse possibilità di miglioramento rispetto ai problemi del mondo attuale. Come ipotizzato, i ragazzi responsabili e ottimisti sono più numerosi nel gruppo degli universitari, che rispetto agli adolescenti hanno probabilmente più indipendenza e possibilità di confrontarsi con la propria capacità di pianificare e di prendere decisioni nel quotidiano. Emerge anche una differenza non prevista tra maschi e femmine, con queste ultime meno rappresentate nel gruppo dei disimpegnati. Sono state poi esplorate le connessioni fra dimensione temporale, stili di decisione e stili relazionali, e sulle differenze che i tre gruppi identificati con l'analisi dei cluster manifestavano rispetto a questi temi. I ragazzi responsabili ottimisti si collocano in un polo in cui vi sono passato positivo, futuro positivo e presente edonistico, stili di relazione basati sulla fiducia e stile decisionale razionale. Diversamente i disimpegnati si collocano in un polo in cui si connettono futuro negativo, presente fatalistico, stili relazionali basati sulla ricerca di approvazione sociale e stili decisionali disfunzionali (evitante e spontaneo). I responsabili pessimisti si collocano in un polo in cui vi sono passato negativo, stili relazionali basati su ansia ed evitamento, mentre gli stili decisionali sono legati al parere degli altri.

Molte ricerche nell'ambito della prospettiva temporale mostrano che molti elementi del funzionamento individuale (stili di relazione, stili decisionali, strategie di coping, attaccamento ai genitori, empatia, soddisfazione nella vita, ecc.) sono legati alla percezione di un passato positivo o negativo, di un futuro positivo o negativo o anche nebuloso. In una ricerca di Cosenza e Nigro (2015) su adolescenti che giocano d'azzardo emergono un orientamento impulsivo nel presente e soprattutto una miopia nei confronti del futuro, come se i ragazzi non fossero in grado di percepire le conseguenze nel futuro dei propri atti. Come sottolineano le autrici, la capacità di pensare al futuro è associata a numerosi comportamenti adattivi, mentre la non considerazione della dimensione del futuro comporta il rischio di numerosi comportamenti maladattivi. L'apertura al futuro e l'auto-efficacia sono correlate negativamente all'assunzione di comportamenti a rischio nella sessualità in adolescenti del Sud Africa (Abousselam, Naudé, Lens, Esterhuyse, 2016).

A proposito dei comportamenti a rischio, le neuroscienze già da diversi anni hanno messo in luce il problema della maturazione tardiva delle aree corticali prefrontali coinvolte nel comportamento impulsivo e nella valutazione di scelte e azioni in termini di rischio/beneficio (Poli, 2011). Queste aree maturano grosso modo dopo i 20 anni e tale ritardo maturativo può in parte spiegare perché gli adolescenti possano avere comportamenti impulsivi e poco mediati dalla riflessione, dalla pianificazione, dalla responsabilità. Ma anche gli adulti, con aree corticali prefrontali già sviluppate, possono mostrare atteggiamenti diversi nei confronti della temporalità e in particolare nei confronti del futuro. In una ricerca su homeless (Epel, Bandura e Zimbardo, 1999), si evidenzia come coloro che avevano auto-efficacia e riuscivano a fare piani e a guardare al futuro, restassero “senza tetto” per poco tempo, a differenza di coloro che si mostravano ancorati al presente e non riuscivano a fare piani e prendere iniziative orientate al futuro. Anche se la visione del futuro risulta ancorata a comportamenti proattivi, gli autori si sentono di aggiungere che quando le situazioni sono molto instabili e in contesti di varie difficoltà socio-economiche anche una prospettiva legata al presente può avere valore adattivo e contribuire a trovare soluzioni temporanee.

Tendenzialmente il passato negativo incide in vari modi sulla strutturazione temporale degli individui, soprattutto nella sfera degli stili relazionali (che vengono studiati in rapporto alla teoria dell'attaccamento) e dell'empatia, che mostrano la correlazione fra passato negativo e stili di relazione disfunzionali e deficit di empatia. Ci sono però eccezioni, come nella ricerca di Morsanyi e Fogarasi (2014), che mette a confronto in Ungheria adolescenti cresciuti in e adolescenti allevati dalle proprie famiglie. Si evidenzia che per i primi (soprattutto per le ragazze) il passato negativo è positivamente correlato col livello di empatia. Come notano opportunamente questi autori, non possiamo pensare a relazioni fisse e immutabili fra variabili nei fenomeni umani; il passato negativo degli adolescenti di correlato ad alti livelli di empatia (risultato di per sé controintuitivo e in quanto tale particolarmente intrigante per le riflessioni psicologiche che ne conseguono) può fare ipotizzare che è proprio l'esperienza di sofferenza a spingere questi ragazzi ad essere più compassionevoli con gli altri e a ricercarne il legame. Morsanyi e Fogarasi (2014) aggiungono che variabili di natura socio-affettiva influenzano non solo le relazioni con gli altri, ma il modo di riflettere prospettivamente e retrospettivamente su sé stessi. Anche nel libro-testimonianza di Edith Bruch Il pane perduto, emerge come un passato familiare fatto di privazioni materiali ma ricco di affetti, sia stato una variabile importante nel resistere allo spaventoso presente del lager nazista e nel pensare a un futuro di salvezza.

Il presente “edonistico” (nella scala ZTPI di Zimbardo e Boyd), cioè centraggio su di un presente piacevole e pieno di divertimenti, ha una doppia faccia nelle ricerche: compare infatti in associazione a comportamenti a rischio, ma compare anche associato a comportamenti adattivi, il che fa pensare ad adolescenti e giovani in grado di cogliere e gioire della piacevolezza del presente senza inficiare impegno e progettualità. Nella ricerca di Speltini e Molinari (2015), già menzionata, i giovani denominati “responsabili ottimisti” hanno passato e presente positivi, senso di responsabilità, stili relazionali e decisionali positivi e hanno un centraggio pure sul presente edonistico, che in un quadro tanto rassicurante ci fa pensare ad una capacità del gioire del qui ed ora, senza rischi maladattivi. Questo presente edonistico di Zimbardo e Boyd somiglia alla rivalutazione del presente (Rampazi, 1985) in cui il quotidiano è un terreno di sperimentazioni e di possibile ricerca di libertà.

Il presente fatalistico (ZTPI di Zimbardo e Boyd) designa una rappresentazione del tempo in cui l'individuo si sente in balìa di eventi non fronteggiabili e padroneggiabili, somiglia alla presentificazione di Rampazi (1985) e Leccardi (1985), che comporta un appiattimento della dimensione temporale, difficoltà a padroneggiare il proprio tempo e a finalizzare la propria temporalità; anche Rutter (1994), al seguito dei suoi studi sulla devianza giovanile, aveva messo sull'avviso sulla pericolosità del non “sentirsi padroni” della propria barca, senza progetti, senza visioni di sé nel futuro.

Molte ricerche sulla prospettiva temporale suggeriscono nelle applicazioni di aiutare adolescenti e giovani a ragionare sulla prospettiva temporale e a dare spazio alla speranza non come elemento genericamente consolatorio, ma come a una visione ragionata di quanto l'agenticità (il governo intenzionale della propria vita) possa fare nella vita di ciascuno. Nell'agenticità sono comprese intenzionalità, estensione temporale, auto-regolazione, auto-efficacia, autocoscienza (Bandura, 2000).

Lo studio della prospettiva temporale come costrutto multi-dimensionale può, secondo Mello e Worrell (2015), contribuire ad un approfondimento significativo delle nostre conoscenze non solo sullo sviluppo adolescenziale, ma anche sul comportamento umano in generale.


professoressa Alma Mater,
docente di dell'

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