Accompagnato da uno slogan potente che ci riguarda tutte e tutti, torna a Bologna il Disability Pride che prende le forme quest’anno di una più ampia “decostruzione antiabilista” (1).
L’appuntamento bolognese è la sesta tappa del progetto nazionale che promuove “un nuovo modo di vivere e vedere la disabilità”.
Pubblichiamo il Documento politico bolognese, nato da un lungo e partecipato percorso di confronto collettivo e indipendente e che si è quasi completamente autofinanziato. E proprio perché ci riguarda, invitiamo tutte e tutti a collaborare per sostenere le spese organizzative, anche per renderlo il più accessibile possibile.

Questo documento è il frutto di un percorso di confronto aperto a tutta la cittadinanza, che è durato circa sei mesi. Il Disability Pride Bologna quest’anno si è proposto infatti come processo orizzontale e organizzato “dal basso” tramite assemblee pubbliche e riunioni di sottogruppi operativi, sempre aperti a chiunque.

Le richieste riportate nel manifesto esprimono il risultato della riflessione collettiva portata avanti da chi ha partecipato a questo processo di elaborazione. L’obiettivo del manifesto non è quello di fornire un elenco completo di tutte le urgenze dei movimenti per i diritti delle persone disabili, ma di calare nel concreto della nostra realtà territoriale i principi espressi dalla carta dei valori del Disability Pride Network.

 

Di cosa siamo orgogliose?

Parlare di “disability pride” per noi non significa pensare che la disabilità sia un merito o una cosa per forza positiva. La disabilità può essere vissuta in molti modi diversi, come qualcosa di positivo, negativo, o neutro; come per molte esperienze di vita, spesso queste dimensioni coesistono.

Perché allora parlare di orgoglio?
 In manifestazioni come i pride LGBT+, il termine orgoglio è usato in opposizione a “vergogna”: sfilare per le strade con orgoglio significa rifiutare di vergognarsi delle proprie esistenze, rifiutarsi di nasconderle e di ritenerle meno valide.
 Con orgoglio rivendichiamo i nostri diritti, senza scambiarli per gentili concessioni da chiedere per favore.
 Siamo infine orgogliose, nel senso di “fiere”, delle nostre lotte, e soprattutto delle persone che dedicano le loro vite a ottenere anche per le persone disabili quei diritti di base che per chiunque altro sono scontati.
“Nulla su di noi senza di noi” a Bologna

Vogliamo una rappresentanza vera e non solo simbolica all’interno delle istituzioni. È molto comune che le persone con disabilità e le loro organizzazioni vengano coinvolte in “tavoli”, “consulte” e simili incontri con le istituzioni, durante i quali però vengono messe di fronte a decisioni già prese.

Nella nostra città la situazione appare critica. In particolare:

  • esiste una Consulta per il superamento dell’handicap che riunisce più di 80 associazioni, ma l’amministrazione comunale la coinvolge solo su alcuni progetti, spesso marginali, o per comunicare decisioni già prese. E’ spesso difficile ottenere la presenza degli assessori in Consulta, dove l’amministrazione è rappresentata da alcuni consiglieri comunali, e in particolare dalla delegata del Sindaco sui temi della disabilità, la quale però ha competenze e poteri limitati rispetto a quelli della Giunta.

Noi vogliamo che le associazioni siano coinvolte in maniera reale nel vagliare le decisioni dell’amministrazione che ci riguardano. Dovrebbe essere implementata una modalità di lavoro tale per cui la consulta viene interpellata in modo sistematico su tutti i progetti di rilievo, in tempi utili per poter incidere concretamente.

  • l’attuale amministrazione comunale ha rimosso la figura del “disability manager” e l’ha sostituita con cinque “diversity manager”, alcuni dei quali con competenze relative al tema disabilità. La nuova impostazione non è in sé problematica, ma lo è il fatto che queste figure siano, ancora una volta, non retribuite, direttamente scelte dal sindaco e con un ruolo ancora decisamente fumoso e privo di un potere reale.

Noi vogliamo che i Diversity Manager siano trattati come professionisti e non volontari, e abbiano un potere concreto all’interno dell’amministrazione.

  • differentemente da altre città, a Bologna non esiste un “ufficio accessibilità” che sia deputato a vagliare sistematicamente tutte le progettualità comunali. Anche l’assessorato all’accessibilità, presente nello scorso mandato, è stato eliminato. Noi crediamo che il tema dell’accessibilità richieda competenze tecniche specifiche e che gli uffici tecnici comunali debbano essere coadiuvati da professionisti esperti della materia, selezionati con procedure pubbliche e opportunamente retribuiti, i quali mantengano al contempo uno stretto contatto con le associazioni del territorio.

Noi vogliamo che vi siano professionalità dedicate al tema dell’accessibilità all’interno dell’amministrazione, con competenze specifiche, deputate a vagliare i progetti in essere restando in continuo dialogo con rappresentanti delle persone disabili.

 

Per una Bologna accessibile

Il Disability Pride Bologna lotta per una città accessibile a tutte le persone con qualsiasi disabilità. Vogliamo che l’accessibilità sia considerata non un “di più” da concedere su richiesta, ma che sia integrata di default in qualsiasi tipo di progettualità comunale, che riguardi la mobilità, la cultura, gli spazi pubblici e così via.

Tutti i tipi di disabilità e neurodivergenza devono essere presi in considerazione nel progettare spazi ed eventi in modo accessibile. In questo documento abbiamo specificato un elenco, senz’altro non esaustivo, di alcune questioni che riguardano la nostra città.

Per il nostro territorio vogliamo in particolare:

La realizzazione di un PEBA (Piano Eliminazione Barriere Architettoniche) vero, non “di facciata” o limitato a piccole porzioni di territorio.

  • La piena accessibilità dei mezzi di trasporto, e in particolare del nuovo tram in progettazione. I mezzi devono essere pienamente accessibili a persone con disabilità motorie e sensoriali; le rotaie non devono costituire pericolo di inciampo su attraversamenti e aree pedonali. E’ necessario inoltre un piano per il progressivo adeguamento delle fermate degli autobus prive di marciapiede adeguato.
  • Un servizio di taxi accessibili davvero efficiente, prenotabile con certezze e senza attese infinite, che preveda scontistiche adeguate per le persone con disabilità.
  • La piena accessibilità dei luoghi aperti al pubblico, tramite l’attuazione senza ritardo delle “Linee guida per la visitabilità” con controlli, sanzioni e mappatura pubblica degli adeguamenti. L’accessibilità deve essere considerata un requisito base per poter tenere aperta una qualsiasi attività, per cui in caso di non adeguamento l’attività deve essere sospesa.
  • Politiche di mobilità che tengano conto del fatto che alcune persone disabili devono per forza utilizzare l’auto privata o il taxi: dunque anche nelle aree pedonali il loro accesso deve essere consentito e devono essere aumentati i parcheggi per disabili, con opportuni controlli sul loro utilizzo lecito.
  • Eventi culturali progettati per essere accessibili a tutte le persone.

 

Per una Vita Indipendente: casa, assistenza, dignità per il lavoro di cura

Anche le persone con disabilità hanno diritto a vivere in modo indipendente, evitando la segregazione in strutture residenziali e potendo scegliere dove, come e con chi vivere, su base di eguaglianza con le altre persone. Ad oggi questo diritto non è garantito.

  • Casa: nel mercato immobiliare già saturo per chiunque, per una persona disabile è impossibile trovare stanze in affitto accessibili, bloccando sul nascere qualunque progetto di vita indipendente in città per chi non sia in grado di acquistare un appartamento intero e adattarlo alle proprie esigenze.
  • Vogliamo investimenti sia sull’edilizia residenziale pubblica che su altre soluzioni abitative per chi non è residente da tempo (come studenti o ex studenti), fornendo case ad alta accessibilità fisica ed economica e con livelli diversificati di supporto (ad es. portierato, “appartamenti protetti”).
    L’apertura dei cosiddetti “studentati per ricchi” andrebbe vincolata all’offerta di un certo numero di soluzioni abitative accessibili a disposizione delle persone disabili e dei loro assistenti a prezzo agevolato.
  • Assistenza personale e lavoro di cura: requisito fondamentale per una vita indipendente è disporre dell’assistenza necessaria. Anche in Emilia-Romagna, come nel resto del Paese, è praticamente impossibile avere i fondi per un’assistenza
 24/24h, per cui molte persone disabili non riescono a costruirsi un progetto di vita al di fuori della famiglia e, quando questa viene a mancare, rischiano la segregazione in strutture residenziali.
  • Vogliamo i fondi necessari a sostenere i costi dell’assistenza personale, anche 24/24h se necessario. Vogliamo la possibilità di trovare e assumere assistenti personali, anche col supporto di agenzie per la vita indipendente gestite direttamente da persone con disabilità e loro organizzazioni, come avviene in altre regioni.

Dalla teoria alla pratica contro politiche disabilitanti

Come insegnano i disability studies, il rischio di riprodurre politiche disabilitanti (M. Oliver, Le politiche della disabilitazione, 2023) rimane alto nonostante la diffusione di idee e strumenti decisivi, come il modello sociale, la classificazione ICF e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Il Disability Pride promuove processi di emancipazione ed empowerment, nella convinzione che il protagonismo delle persone disabili nelle scelte e nelle politiche che le riguardano sia in grado di riarticolare i rapporti di forza tra pratiche materiali, immaginari, istituzioni e strutture del potere politico-economico. (E. Valtellina, Prefazione. Uno sguardo politico sulle disabilità: il Modello Sociale inglese, 2023).

Vogliamo superare una retorica inclusiva priva di reali contenuti, pretendendo un vero e pieno coinvolgimento nella definizione delle politiche che ci riguardano.

 

Non un mondo a parte, ma parte del mondo

Le persone disabili possono subire discriminazioni multiple, perché la disabilità non esaurisce l’identità della persona. Chi appartiene anche ad altre comunità marginalizzate vive sulla propria pelle le discriminazioni sistemiche dovute, oltre che all’abilismo, anche al sessismo, all’omolesbotransfobia, al razzismo, alla xenofobia, alla grassofobia e al classismo, in ambito lavorativo, economico, educativo, culturale, familiare e sanitario.

Per comprendere in che modo la somma di queste identità moltiplichi gli effetti della discriminazione è necessario adottare un’ottica intersezionale. Questo significa ad esempio tener conto delle diverse identità della persona nelle raccolte dati: non si può contrastare una discriminazione che non si vede.

Per poter elaborare politiche specifiche di contrasto alle discriminazioni multiple e di promozione dell’inclusione sociale, è quindi indispensabile avere a disposizione dati disaggregati sulle persone con disabilità, che permettano di monitorare le discriminazioni subite e di elaborare politiche di contrasto alle discriminazioni che siano mirate ed efficaci.

Inoltre, poiché le persone con disabilità non vivono soltanto questa dimensione identitaria, le loro esigenze devono essere tenute in conto nell’elaborazione di tutte le politiche, non solo quelle che le riguardano direttamente.

Ciò non significa che non siano talvolta necessari interventi particolari dedicati a questo gruppo sociale.

  • Vogliamo quindi un “doppio binario”: sia politiche specifiche che riguardano le persone disabili, sia il cosiddetto mainstreaming della disabilità, ovvero il tenere in considerazione le esigenze legate alla disabilità all’interno di tutte le politiche.

Il manifesto lo si può scaricare a questo link

Il programma del Disability Pride Bologna 2023

Qui il link alla campagna di crowdfunding.

 

Francesca Pistone
Collaboratrice Istituzione “Gian Franco Minguzzi”

 

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Note

  1. Il Disability Pride Bologna è stato anticipato a Bologna, il 27 settembre scorso, dalla presentazione del libro di Claudia Maltese e Gresa Fazliu Decostruzione antiabilista. Percorsi di autoeducazione personale e collettiva (Eris, 2023) presso il Centro delle donne di Bologna. Il libro “racconta il percorso personale di formazione, individuale e collettivo, delle due autrici. Il primo passo è il riconoscimento dell’abilismo che permea la nostra società e dei meccanismi con cui marginalizza le persone con disabilità come loro. Il secondo è iniziare a decostruirlo giorno per giorno e provare a farlo tuttә insieme. Il terzo è comprendere come funziona il rapporto tra le persone con disabilità e il resto della società. Perché la disabilità non è qualcosa di intrinseco, non è dentro i corpi o le menti delle persone, ma è il risultato di una relazione sbagliata tra loro e il mondo abilista in cui viviamo. Raccontando la dimensione pubblica con i problemi di rappresentazione delle soggettività disabili e l’importanza dell’intersezionalità delle lotte in un’ottica transfemminista, arrivano alla dimensione individuale: la quotidianità nella vita adulta, la sessualità, i desideri e soprattutto il diritto all’autodeterminazione” (dalla quarta di copertina).