A fine giugno si è concluso il progetto europeo , acronimo per “Promuovere l', la e i per i ”, che ha visto la partecipazione di numerosi partner e a cui ha collaborato anche l'istituzione Minguzzi. Riportiamo quindi l'interessante articolo di , che riprende le indicazioni metodologiche più significative di questo progetto, contribuendo ad approfondire alcuni temi cruciali del complesso fenomeno dei

In questo articolo presentiamo alcuni aspetti metodologici per affrontare il fenomeno dei neet sperimentati grazie al progetto europeo Peppy (sigla che significa “Promuovere l'educazione, la partecipazione e i progetti per i giovani”), pur con i limiti necessari nell'affrontare un argomento di questa complessità. Per chi vorrà approfondire, il team di Peppy transnazionale ha messo a disposizione documentazioni e manuali, tracce di lavoro e video a uso e consultazione di chi vorrà intraprendere un percorso di conoscenza e di possibile sperimentazione all'indirizzo https://peppy- project.eu/it/
Metodo è un termine che indica ricerca (Morlini 2016), ma spesso pensando al metodo ci si aspetta piuttosto una ricetta ovvero: dati gli stessi ingredienti, la replicabilità del risultato. Nel caso del target dei non è pensabile una guida all'uso da seguire nei dettagli, proprio per ragioni legate al gruppo di riferimento. La definizione di comprende una galassia articolata al proprio interno, poiché l'acronimo rimanda all'espressione “Not in Education, Employment or Training”: non inseriti nel sistema tradizionale dell', della e del . È quindi una definizione “in negativo”, in termini residuali e non univoca di persone con caratteri anche molto differenti. In più, oltre alla variabilità interna di questo gruppo composito dei neets, c'è la dimensione del neeting, intendendo con neeting una condizione alle volte transitoria, attraversata da un numero importante di persone in una determinata fase di vita, che poi può portare a esiti di percorso diversi, in certi casi di superamento, in altri di continuità nel tempo. Si tratta quindi di un target mutevole di varie interpretazioni, e non agglomerabile se non al rischio di semplificazioni.
In questo approccio di ricerca che affronta la complessità del fenomeno descriviamo gli esiti di apprendimento raccolti con la metodologia attraverso tre domande: che cosa ricerchiamo rispetto al fenomeno ; come ricerchiamo, chi sono i protagonisti di questa ricerca.
a. Che cosa possiamo ricercare con la metodologia ? Durante il progetto abbiamo compreso di avere a che fare con tipologie di situazioni molto diversificate: il giovane che è fuori dal circuito del ed è immigrato di seconda generazione con difficoltà con la lingua italiana; il ragazzo che ha avuto percorsi al limite del disagio con un contesto familiare deprivato; la ragazza impegnata in un di cura intrafamiliare di anziani o bambini; lo studente iscritto formalmente all'università ma ormai fuori corso. Si tratta, come è evidente, di tipologie differenti, ma grazie alle sperimentazioni del progetto abbiamo colto alcuni snodi ricorrenti; ne riporto in particolare due.
Innanzi tutto c'è il ben noto tema dell'aggancio, ovvero come raggiungere questi che si trovano in una sorta di binario morto, e sfuggono a liste, elenchi e registri presenze. La consistenza esile delle traiettorie di studio e di questi ce li fa apparire come luci di satelliti lontani, che compaiono e scompaiono, diversamente dai giovani inseriti nei circuiti tradizionali, che assomigliano alle scie definite degli aerei che anche nella notte possiamo seguire pur con necessaria attenzione. L'aggancio è il primo dei punti critici che si incontrano nel rapportarsi ai neet, e nel progetto lo abbiamo sperimentato; abbiamo intercettato questi giovani con fatica e con molto tempo necessario, spesso grazie al loro precedente incontro con istituzioni (enti di o altro) e con adulti significativi che li hanno accompagnati per un tratto di strada. Sul tema dell'aggancio torneremo nella parte conclusiva di questo articolo.
Abbiamo anche ricercato altro. Ci siamo infatti resi conto che la metodologia ha un contenuto significativo: la crescita di competenze legate al riconoscimento di valori, alla costruzione di motivazioni intorno al prendere in mano scelte di vita (siano esse lavorative o di e istruzione), e soprattutto intorno alle cosiddette soft skills, ai saperi necessari al futuro (Morin 2001). Peppy è stata una opportunità di apprendimento per i ragazzi coinvolti in relazione proprio alla crescita di questo tipo di competenze. In particolare la competenza nel di gruppo è stata una vera e propria scoperta per i giovani della sperimentazione con livelli essenziali di istruzione, ma anche per i giovani iscritti all'università: il cooperative learning è stato valutato come un argomento molto rilevante da parte dei giovani in sperimentazione, così come dei trainers coinvolti. Forse questo contenuto potrebbe essere ulteriormente approfondito in che riguardano i neets: il valore del gruppo di apprendimento per sostenere e accompagnare una traiettoria di uscita dall'empasse per giovani in difficoltà.
b. Come ricercare con la metodologia Peppy? Se il contenuto di lavoro del progetto è la scoperta di competenze rilevanti, più che la disponibilità, magari con fondi pubblici, di un posto di lavoro o un corso a cui iscriversi (esito che per altro si può meglio realizzare una volta che si siano sbloccate le energie personali), sottolineiamo due elementi metodologici importanti per gli esiti costruiti.
Parte centrale del metodo di Peppy è l'Hacketon, ovvero la sfida. Dietro a questa moderna idea di sfida che rimanda a un immaginario tecnologico, al linguaggio nerd e in parte giovanilistico, possiamo rintracciare l'antica questione della prova di iniziazione, in cui è richiesto di compiere un'impresa. Il compiere un'impresa è alla base dei riti di iniziazione per adolescenti e giovani nelle tribù, ma una forma di sfida per la crescita viene mantenuta anche negli attuali gruppi sociali. In Peppy l'impresa, la sfida dell'hacketon non è fine a se stessa, ma prevede che i ragazzi entrino a contatto con uno sponsor, un committente che esprime una domanda e chiede al gruppo di delineare un progetto da realizzare. La sfida non è quindi salire su un albero, rubare una bandiera, una corsa veloce tra veicoli, bensì è l'impresa di rispondere a una domanda, a un quesito relativo a un bisogno, a una necessità. Si apre così per il gruppo dei giovani la strada della relazione con altri su un oggetto di lavoro, che ha una sua misurabilità e un esito da valutare. Per uno dei gruppi di ragazzi è progettare i bidoni ecosostenibili per la raccolta differenziata dei rifiuti per gli utenti del parco; per gli studenti del corso universitario è disegnare l'architettura del portale web con le informazioni essenziali rivolto agli altri studenti. La metodologia della sfida progettuale ovvero l'hacketon può funzionare nel costruire e consolidare un aggancio con questi giovani neet; servono però alcune condizioni: un contesto organizzato e pensato per questa sfida con uno sponsor (pubblico o privato) che si espone; l'accompagnamento di trainers e adulti competenti lungo tutta la durata del progetto; il valore aggiunto di altri giovani interessati a porsi come peer nella sperimentazione a fianco dei neet. In questo senso, recuperiamo l'impresa non come modello aziendale ed economicistico che alle volte è immaginario pesante e respingente per tanti giovani e adolescenti. È piuttosto un campo di azione, un incontro sfidante e per questo vitale con adulti, con enti, con realtà lontane dalle proprie, e proprio per questo di soddisfazione aggiuntiva (Nicolini, 2018).
Un secondo elemento metodologico in Peppy è il Multiplayer event, ovvero la possibilità di mostrare e dimostrare agli sponsors (i committenti della sfida Hacketon) e agli altri interlocutori ciò che è stato realizzato dal gruppo di lavoro progettuale. Lo snodo fondamentale non è tanto nell'avere una ribalta in cui esibirsi, perché ci sono oggi tante ribalte per giovani che individualmente si dimostrano capaci di fare cose, talentuosi, in ascesa verso il successo. Meno ricorrente è pensare a una ribalta in cui ai giovani viene chiesto non di “interpretare i giovani”, ma di mostrare quanto sono riusciti a realizzare: l'oggetto mediato diventa quindi il prodotto, e non colui o coloro che hanno realizzato il prodotto. Questa modalità meno centrata sul se' dei giovani partecipanti, offre il riconoscimento di una relazione possibile con il mondo degli adulti, visti non come figure di un'autorità distante a cui nulla può essere dato e comunicato, ma come committenti di un prodotto che è esito del gruppo.
c. Chi si mette in ricerca nel metodo Peppy? Nei servizi e nelle comunità c'è sempre molta attenzione a chi sono i neet e a come fare per agganciarli. Proprio a partire da questo termine, agganciare, in inglese to catch, possiamo riprendere le parole di un celebre romanzo del 1951. “Ad ogni modo, io mi immagino sempre tutti questi bambini che giocano a qualcosa in un grande campo di segale e via dicendo. Migliaia di bambini, e in giro non c'è nessun altro – nessuno di grande, intendo – tranne me, che me ne sto fermo sull'orlo di un precipizio pazzesco. Il mio compito è acchiapparli al volo se si avvicinano troppo, nel senso che se loro si mettono a correre senza guardare dove vanno, io a un certo punto devo saltare fuori e acchiapparli. Non farei altro tutto il giorno. Sarei l'acchiappabambini del campo di segale” (Salinger, 1951, p.203). E' un passaggio de Il Giovane Holden, il cui titolo originale è proprio “The catcher in the rye”, e a noi pare evocare un'idea di adulto, ovvero chi può e deve acchiappare bambini e ragazzi in difficoltà che si spingono sull'orlo del precipizio. L'ipotesi allora è che serve interrogarsi non solo sui ragazzi da acchiappare o su come acchiapparli, ma su chi ha questo compito: e non sono solo gli adulti designati per ruolo o professione, quali insegnanti, educatori, psicologi… Piuttosto, sono gli adulti che sono lì, nel campo di segale, magari senza un ruolo particolare. Adulti, che però a loro volta sono in difficoltà, che hanno fragilità (Lancini, 2021), e non sempre sono capaci di agganciare, come ben raccontato dai tanti testi che affrontano oggi il tema dell'adultità e della sfida educativa. La metodologia del progetto Peppy si propone come un percorso per irrobustire la tenuta e la consistenza degli adulti, con schede di autoanalisi e di valutazione, manuali e video. Serve che anche gli adulti si facciano buone domande: se sono o meno adeguati a questa funzione così delicata e importante, in quale fase vanno più in difficoltà, se sono adatti a affrontare le diverse sfide educative poste dalle diverse tipologie di giovani in difficoltà che si incontrano, o se servono altri dai quali apprendere come affrontare in modo generativo la sfida educativa.
Nel progetto abbiamo compreso quanto sia necessario avere adulti in grado di fare fronte alla complessità delle traiettorie dei giovani, senza volere con forza domarla, senza ridurla a formulesemplificatorie e distanzianti. Solo così possiamo ritrovare il balzo di Holden, che aggancia questi giovani rimanendo a sua volta agganciato, implicato, in contatto con loro.


team del progetto Peppy per UniBo
simona.nicolini2@unibo.it