A fine 2021 è stata approvata la Legge 227 “Delega al Governo in materia di ”, prevista e richiesta dal Piano Nazionale Ripresa e Resilienza.  Si tratta di una legge quadro, basata sui principi fondamentali della Convenzione sui diritti delle persone con del 2006 (ratificata dall'Italia nel 2009), che introduce una svolta in ambito normativo, mettendo al centro la persona con le sue esigenze, le sue relazioni, i suoi desiderata, per realizzare l'obiettivo del progetto di vita personalizzato e partecipato. Ora è iniziata la fase della elaborazione dei decreti attuativi, tempo venti mesi. Per questo abbiamo ritenuto importante promuovere alcune iniziative sul tema, partendo da una analisi della legge, a cura di , e aprendo il dibattito con tutte le persone interessate.

Entrata in vigore il 31 dicembre 2021, al termine di un iter decisamente accelerato che si completerà entro venti mesi con l'adozione da parte del Governo dei decreti attuativi, la Legge 227/21 costituisce la cornice legislativa della riforma complessiva per la revisione e il riordino delle disposizioni in materia di , in attuazione della Costituzione, della Convenzione sui diritti delle persone con , delle leggi 104/1992, 328/2000, 112/2016, della Strategia Europea per i diritti delle persone con 21-30 e della Risoluzione del Parlamento europeo 7 ottobre 2021.

La norma approvata è legata ed inscritta negli interventi collegati al Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR), in particolare per quanto previsto dalla Missione 5 “Coesione e ” – Componente 2.1 “, disabilità e marginalità sociale”. Complessivamente richiama i principi e le visioni strategiche della Convenzione e mira, nei suoi intenti, a recepirla compiutamente in diversi aspetti, a partire dalla definizione di persone con disabilità come “coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri”.

Attesa dagli addetti ai lavori, da anni impaludati in una situazione stagnante[1], non solo a livello normativo, ma di pratica epistemologica, la legge ha stimolato un ampio dibattito durante e al termine della sua elaborazione, non potendo fare a meno di intersecare quelle “tensioni e controtensioni diagonali[2]” proprie della disabilità quale “insieme eteroclito […] figura rivelatrice dei codici fondamentali di una cultura, del suo ordine sociale e del correlativo ordine giuridico”. Come ricorda infatti Ciro Tarantino, già da tempo la Convenzione ONU avrebbe potuto trasformare lo statuto epistemologico della disabilità, ma il più delle volte si è assistito ad una “ripetizione metodica e alla disseminazione minuta dell'annuncio rituale su di un salto di paradigma operato dalla Convenzione: mantra performativo e rassicurante, con l'ingenua pretesa di dispiegare effetti con la sola pronuncia, in un armonioso e costante accordo fra formazione linguistica e regola giuridica. Così, magnificata e declassata a un tempo, la Convenzione è entrata in stallo[3]”.

Ma se una legge ha dunque il compito di rimodulare soglie, definire interventi, livelli e gradi, classificare e plasmare la corporeità delle persone di cui parla, come è stata annunciata e vissuta dalle persone disabili, dalle associazioni che le rappresentano e dalle agenzie socio-educative? A detta di Giampiero Griffo, coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, la legge che abbiamo tra le mani è un'occasione da non perdere, è “epocale” poiché per la prima volta si ha una concreta applicazione dei princìpi e delle prescrizioni della Convenzione ONU[4], per la prima volta, in un paese europeo, si introduce il riconoscimento della condizione di disabilità basandosi sulla definizione della Convenzione stessa.

Prima di riannodare le varie letture che ne sono state date, sembra opportuno scattare una sintetica fotografia dei contenuti della legge. Le finalità generali alla base dell'architettura legislativa risiedono nel riconoscimento della persona disabile a partire da una valutazione della stessa congruente, trasparente e agevole per il pieno esercizio dei diritti civili e sociali, compresi il diritto alla vita indipendente e alla piena sociale e lavorativa, nonché l'effettivo e pieno accesso al sistema dei servizi, delle prestazioni, dei trasferimenti finanziari previsti e di ogni altra relativa agevolazione, promuovendo infine l'autonomia della persona disabile e il suo vivere su base di con gli altri, nel rispetto dei princìpi di autodeterminazione e di non discriminazione.

Gli ambiti di intervento generali, indicati come da prassi all'articolo 1 – laddove l'articolo 2 entra maggiormente nel dettaglio, declinandone principi e criteri direttivi – riguarderanno quindi: a) la definizione della condizione di disabilità nonché la revisione, il riordino e la semplificazione della normativa di settore; b) l'accertamento della condizione di disabilità e la revisione dei suoi processi valutativi di base; c) la valutazione multidimensionale della disabilità, la realizzazione del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato; d) l'informatizzazione dei processi valutativi e di archiviazione; e) la riqualificazione dei servizi pubblici in materia di e ; f) l'istituzione di un Garante nazionale delle disabilità; g) il potenziamento dell'Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Un ultimo ambito afferisce alle disposizioni finali e transitorie.

Volendo entrare maggiormente nel dettaglio – grazie alla lettura che ne dà l'Agenzia Iura[5] – rispetto alla condizione di disabilità si prevede l'adozione di una definizione coerente con la Convenzione ONU, anche integrando e/o aggiornando la delimitazione di handicap della Legge 104/92. Di qui la necessità di dotarsi di strumenti adeguati quali l'adozione dell'ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) e dell'ICD (Classificazione internazionale delle malattie). Si prevede poi la  separazione dei percorsi valutativi per persone anziane da quelli per gli adulti e da quelli per minori, l'adozione del “profilo di funzionamento” il cui perimetro dovrà essere coerente con gli strumenti di cui sopra e l'introduzione nella legge 104 della definizione di “accomodamento ragionevole” secondo quanto previsto dall'articolo 2 della Convenzione ONU (individuazione degli accorgimenti, adattamenti e modifiche da mettere in campo in modo adeguato e pertinente, per raggiungere gli obiettivi di sostegno del percorso di vita di ciascuna persona con disabilità).

Nell'accertamento della disabilità e nella revisione dei processi valutativi di base rientra l'unificazione delle procedure di valutazione di handicap (L.104/92), invalidità civile, cecità e sordità civile, sordocecità, in conformità alla definizione di disabilità e in coerenza con le classificazioni ICD e ICF. Sarà rilevata la necessità di sostegno, di sostegno intensivo o di restrizione della partecipazione della persona; si provvederà al progressivo aggiornamento delle definizioni, dei criteri e delle modalità di accertamento dell'invalidità previsti dalla L.104. La competenza della valutazione di base infine verrà affidata ad un unico soggetto pubblico, garantendone l'omogeneità nel nazionale e prevedendo anche procedimenti semplificati di riesame o rivalutazione e sistemi di controlli dell'adeguatezza delle prestazioni rese.

Rispetto alla valutazione multidimensionale e alla realizzazione del progetto di vita, puntualmente definito “individuale, personalizzato e partecipato”, la legge indica una serie di elementi e azioni da improntare per garantire il coinvolgimento diretto della persona o di chi la rappresenta, secondo i suoi desideri, le sue aspettative e le sue scelte. In particolare si prevedono: un coordinamento delle amministrazioni competenti per l'integrazione della programmazione sociale e sanitaria nazionale e regionale; un'unità di valutazione multidimensionale che assicuri la presa in carico, la valutazione e la progettazione tenendo conto delle indicazioni dell'ICF e dell'ICD e che definisca un “profilo di funzionamento” della persona, necessario alla predisposizione del progetto di vita; la definizione di supporti e sostegni per l'abitare in autonomia, la vita indipendente e accomodamenti ragionevoli; la garanzia che un progetto di vita si mantenga al variare del contesto territoriale, mediante le risorse umani e strumentali di rispettiva competenza degli enti locali e delle regioni; la possibilità di coinvolgere gli enti di terzo settore attraverso forme di co-progettazione e co-programmazione; l'individuazione di tutte le risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche, pubbliche e private, attivabili anche in seno alla territoriale e al sistema dei supporti informali; l'identificazione delle figure professionali di cura per la realizzazione e il monitoraggio del progetto, assicurando il confronto con la persona disabile e/o i referenti familiari.

A supporto dei percorsi valutativi e dell'elaborazione dei progetti di vita la legge delega prevede che venga promossa l'informatizzazione delle informazioni attraverso l'istituzione di piattaforme informatiche accessibili e fruibili, interoperabili con quelle esistenti.

Punto importante riguarda poi la riqualificazione dei servizi pubblici in materia di e , attraverso interventi che mirino a riqualificarne l'attività. In particolare, si prevede una figura dirigenziale preposta alla programmazione strategica della piena , fisica e digitale, delle amministrazioni, nell'ambito del piano integrato di attività e organizzazione; la partecipazione delle associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative; l'introduzione dell' sociale e l' tra gli obiettivi di produttività delle amministrazioni;  il rispetto degli obiettivi da valutare ai fini della performance del personale dirigenziale; la nomina di un responsabile del processo di inserimento delle persone con disabilità; l'obbligo per i concessionari di pubblici servizi di indicare nella carta dei servizi l'effettiva delle prestazioni, anche obbligatorie; l'estensione del ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici alla mancata attuazione o alla violazione dei livelli di qualità dei servizi essenziali per l'inclusione sociale e la possibilità di accesso.

L'istituzione di un Garante nazionale delle disabilità, che si accompagna alla determinazione di competenze, requisiti e poteri, ne sancisce la natura di organo indipendente orientato alla tutela e alla promozione dei diritti delle persone con disabilità, raccogliendo segnalazioni, denunce di discriminazioni o violazioni dei propri diritti. Rispetto al potenziamento dell'Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità si prevede di ridefinire le competenze e potenziare la struttura e a tal fine sono stanziati 800mila euro annui a decorrere dal 2023. Le disposizioni finali e transitorie indicano la necessità di illustrare, anche avvalendosi del supporto della Commissione per i fabbisogni standard, le procedure volte alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni con riguardo alle prestazioni in favore delle persone con disabilità, con l'individuazione di una disciplina di carattere transitorio, nelle more della loro effettiva applicazione. Ed è infine introdotta una clausola di salvaguardia secondo la quale sono fatti salvi “le prestazioni, i servizi, le agevolazioni e i trasferimenti monetari già erogati ai sensi della normativa vigente […] al fine di salvaguardare i diritti già acquisiti”. Alla copertura finanziaria della Legge si provvederà con il Fondo per la disabilità e la non autosufficienza, con le risorse disponibili nel PNRR e mediante la razionalizzazione e riprogrammazione delle risorse.

La legge ha attivato un ampio dibattito e opinioni autorevoli hanno animato incontri a tema, articoli specifici, scambi di idee. Per Griffo, come si diceva, centrali sono “la semplificazione e l'omogenizzazione dell'accesso ai regionali, la riformulazione dei sistemi di assessment (valutazione) legati ai progetti personalizzati attraverso il riconoscimento della condizione di disabilità e il potenziamento degli strumenti dei venti regionali italiani finalizzati alla definizione del progetto centrato sulla persona[6]”. Ed è significativo, seppur applicando una costante vigilanza, il passaggio nella valutazione “dall'accertamento basato sulla sola patologia, dalla definizione generica di svantaggio, al riconoscimento personalizzato delle barriere, degli ostacoli e delle discriminazioni che la persona vive quotidianamente”.

Per Carlo Giacobini, della già citata Agenzia Iura, altro elemento focale “è la separazione fra la valutazione di base e la valutazione multidimensionale, cioè quella più complessa e volta a redigere progetti personali” e la separazione dei percorsi valutativi che “potrebbe consentire di ottimizzare e qualificare percorsi e strumenti rendendoli più specifici per ogni differente età”.

Per Claudio Castegnaro di Welforum[7], il “perno” della legge ruota intorno al diritto, dichiarato, per ogni persona con disabilità di costruire un progetto di vita individuale in grado di seguire la persona con continuità, senza “cadute assistenziali”, e in modo omogeneo su tutto il nazionale. Tuttavia, prosegue Castegnaro, “senza risorse e senza coinvolgimento dei territori è molto difficile garantire sostenibilità ai progetti. I progetti vanno infatti sostenuti da budget di salute (o di progetto) capaci di ricomporre le risorse disponibili e attivabili, ma anche di riconvertire risorse attualmente allocate per coprire i costi delle degenze in strutture sociosanitarie”. Inoltre occorrerà tenere conto che l'elaborazione di un progetto di vita assieme a persone con disabilità intellettiva grave e/o con limitazioni funzionali importanti, richiederà l'attivazione di percorsi specifici, metodi e professionalità qualificate. Infine, conclude, “per garantire un livello ottimale e omogeneo di capacità di risposta dei servizi, occorre quindi presidiare fin da ora il potenziamento organizzativo dei Punti Unici di Accesso e di qualificazione professionale delle équipe territoriali attraverso opportuni interventi formativi”.

La FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap) e la FAND (Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità) hanno espresso apprezzamento, avanzando in corso d'opera osservazioni puntuali e proposte di emendamenti. Le istanze portate avanti dalla FISH sono state pienamente accolte, soprattutto riguardo la volontà di costruire percorsi di vita indipendente per le autonomie possibili, nell'ottica della deistituzionalizzazione, dunque per prevenire il ricorso alla residenzialità negli istituti potenzialmente segreganti e di conseguenza il rischio della segregazione ed emarginazione delle persone con disabilità. Per Vincenzo Falabella, Presidente della FISH, la legge “segna un ulteriore passo avanti verso un nuovo approccio al mondo delle disabilità, fatto di interventi pensati per porre al centro le persone con disabilità, nella loro pienezza di desideri, ambizioni e relazioni[8]”.  Sul testo normativo, Falabella aggiunge: “Nei prossimi venti mesi dobbiamo scrivere i decreti attuativi che daranno sostanza alla delega. Le forze parlamentari e tutti noi dobbiamo dare un valido contributo. Al di là della rivendicazione partitica, il voto unanime ha dato prova che si può andare oltre gli steccati. Abbiamo dato un segnale forte[9]”.

“Una norma con enormi potenzialità[10]”: così viene salutata dall'AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), una riforma il cui nucleo consiste appunto nella realizzazione di un sistema di accertamento nuovo e di servizi sociosanitari per le persone disabili volti alla loro autodeterminazione, vita indipendente e inclusione. Per la UILDM[11] si stanno facendo passi in avanti nell'aggiornamento del quadro normativo con una legislazione a misura delle persone con disabilità, tuttavia viene ribadito “che l'attenzione alla disabilità non deve essere considerata un aspetto eccezionale, ma si attua in maniera trasversale” pensando che “un mondo più inclusivo lo è per tutta la ”.

“Venti mesi per sette decreti[12]”, una dote economica importante, ma anche la necessità di finanziamenti per dare sostanza ai decreti attuativi e diversi aspetti da rivedere. Se infatti il 2021 è stato un anno di svolta, tanto resta ancora da fare – sottolineano in molti[13]. Intanto, nei primi due mesi del 2022 si è avviato il cammino verso i decreti attuativi e alla loro predisposizione ci sarà una specifica Commissione presieduta dalla Ministra per le Disabilità, Erika Stefani, e composta da rappresentanti dei Ministeri, dell'Istituto Superiore di Sanità, delle Regioni, dell'ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), dell'INPS, dell'INAIL, dell'ISTAT, delle Associazioni di categoria e di quelle di persone con disabilità e dei loro familiari, nonché da rappresentanti del Comitato Tecnico-Scientifico dell'Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità. Tra i primi provvedimenti vi sarà il Decreto volto alla riqualificazione dei servizi pubblici in materia di accessibilità e quello istitutivo del Garante Nazionale delle Disabilità. «Assicureremo tutti il nostro impegno – ha detto la ministra Stefani alla testata Vita[14] – affinché la riforma tanto attesa dalle persone con disabilità e dalle loro famiglie sia completata nel più breve tempo possibile e determini realmente un cambiamento, ponendo al centro la persona con le sue esigenze, le sue relazioni, i suoi desiderata e promuovendo una società realmente inclusiva».

La sostanza di una legge così rilevante incrocia mondi diversi, interseca sguardi necessariamente multidisciplinari, e non può che essere salutata come l'avvio di un processo che deve vedere coinvolti tutti gli attori (professionisti, cittadini, istituzioni). Ogni azione normativa interroga necessariamente le forme sociali di coesistenza e convivenza e la disabilità, si sa, è un termine ombrello che comprende un variegato insieme di esistenze. La Convenzione ONU è stata lo strumento decisivo nel presentarla come una condizione relazionale, ma affinché le parole si traducano in azioni concrete, oltre la retorica delle enunciazioni che ancora oggi, dopo sedici anni – dal 2006, anno della Convenzione ONU ratificata dall'Italia nel 2009 – esaltano la natura rivoluzionaria di un paradigma che ha evidentemente fatto fatica ad incorporarsi nelle pratiche, c'è bisogno di tempo, formazione e di un costante posizionamento critico-riflessivo. “La disabilità è una relazione sociale”, ci ricorda in un suo recente volume lo storico Matteo Schianchi[15], e in quanto tale, ci chiede di prendere posizione, di avere uno sguardo critico verso noi stessi e gli strumenti che adottiamo. Poiché “siamo noi le prime barriere[16]” che si frappongono alla piena realizzazione degli enunciati che le convenzioni promulgano. Valutare, definire, nominare non sono azioni neutre, piuttosto atti performativi, relazioni sociali.

La Classificazione ICF, la Convenzione ONU, la Legge Delega ci impegnano in un lavoro individuale e collettivo che coinvolge la riflessione, l'analisi delle pratiche, dei modelli che le conformano e delle implicazioni euristiche sottese. Assumere la definizione contestuale della disabilità è l'unica possibilità[17] che abbiamo per ragionare davvero in termini inclusivi, ma questo implica un posizionamento, una “coevoluzione[18]” per dirla con Canevaro, di fronte al nostro senso comune e alla percezione di neutralità dei contesti, di fronte a quegli “impliciti educativi[19]” da cui siamo agiti, per non cadere nelle trappole delle definizioni fini a se stesse. Il dibattito per un futuro davvero accessibile nei gesti quotidiani degli spazi relazionali, nei contesti formali e informali dei luoghi istituzionali e delle agenzie educative, è appena cominciato.

 


Antropologa, collaboratrice dell'Istituzione G. F. Minguzzi

 

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[1]  Canevaro A., Cialtrone R., Nocera S., L'inclusione scolastica in Italia. Percorsi, riflessioni e prospettive future, Erickson, Trento, 2021

[2] Tarantino C., Bernardini M.G., Tensioni e controtensioni diagonali della disabilità. Un'introduzione, in Materiali per una storia della cultura giuridica, numero 2, 2021, dicembre, pp. 309-312

[3] Ibidem, pp. 309-310

[4] https://www.superando.it/2021/11/22/la-legge-delega-sulla-disabilita-e-unoccasione-da-non-perdere/

[5] http://www.agenziaiura.it/2021/12/28/legge-delega-sulla-disabilita-approvata-ecco-i-contenuti/

[6] https://www.superando.it/2021/11/22/la-legge-delega-sulla-disabilita-e-unoccasione-da-non-perdere/

[7] https://welforum.it/la-riforma-per-le-disabilita-e-in-dirittura-di-arrivo/

[8] https://www.fishonlus.it/files/2021/11/Memoria-FISH-audizione-3347-1.pdf

[9] https://www.agensir.it/quotidiano/2021/12/13/disabilita-falabella-fish-nei-prossimi-20-mesi-dobbiamo-scrivere-i-decreti-attuativi-che-daranno-sostanza-alla-delega/

[10] https://www.aism.it/pubblicata_legge_delega_della_disabilita

[11] https://www.uildm.org/approvata-la-legge-delega-sulla-disabilità

[12] http://www.vita.it/it/article/2022/01/03/delega-disabilita-venti-mesi-per-cambiare-linclusione/161490/

[13]https://www.redattoresociale.it/article/notiziario/la_disabilita_nel_2021_e_una_legge_delega_ma_tanto_resta_da_fare

[14]http://www.vita.it/it/article/2022/02/09/delega-sulla-disabilita-la-road-map-della-ministra-stefani/161817/

[15] Schianchi M., Disabilità e relazioni sociali. Temi e sfide per l'azione educativa, Carocci, Roma, 2021

[16] Ibidem, p. 142

[17] Ibidem. p. 143

[18] Canevaro A. et al, op.cit., p. 24

[19] Medeghini, R., Vadalà G., Fornasa W., Nuzzo A., Inclusione sociale e disabilità. Linee guida per l'autovalutazione della capacità inclusiva dei servizi, Erickson, Trento, 2013