Secondo , l'alto numero di vittime registrato nelle ha a che fare con la loro intrinseca natura istituzionale che ha caratteristiche comuni a tutte le istituzioni totali, di fatto in violazione delle principali direttive della Convenzione
sui delle persone con .

Scrive Riccardo Bonacina su VITA del 15 aprile 2020 (“Rsa un capro espiatorio perfetto, ma le responsabilità sono altrove”): “Le 4629 case di riposo e italiane hanno una popolazione di 300.000 ospiti (più di un quinto dei quali in Lombardia) al 75% over 80 e al 78% non autosufficienti (in Lombardia al 94%!). Insomma, era prevedibile che proprio in queste strutture le morti si sarebbero moltiplicate… “.

Non vi è dubbio che gli ospiti delle Residenze Sanitarie Assistenziali () sono stati il gruppo popolazionale più colpito dalla pandemia con più di settemila morti in Italia, ossia il 25% del totale dei decessi per coronavirus. Simili dati si possono ricavare anche dalle statistiche francesi e inglesi. Secondo l'OMS addirittura il 50% delle vittime del si trovava nelle case di cura e nelle strutture di degenza a lungo termine. Pur con le dovute cautele rispetto a dati forniti in modo confuso, in date diverse, con denominatori che cambiano di volta in volta, è tuttavia lecito affermare che, come era apparso chiaro fino dagli esordi della pandemia, gli erano e sono la popolazione più a rischio e fra questi i residenti delle case di riposo o delle sono stati esposti a una vera e propria carneficina (uso di proposito questo termine anche in riferimento all'alto numero di contagi e morti evitabili, se in quelle residenze si fosse intervenuto con più responsabilità, competenza e meno disprezzo per le persone la cui vita più prossima alla fine che all'inizio spesso è ritenuta di minore valore).

Dunque gli nelle residenze assistite: una popolazione che è costretta in queste istituzioni a causa di qualche o condizione di sofferenza psicologica e o fisica. Talvolta gli ospiti sono semplicemente persone non in grado di badare a sé stessi e non hanno famigliari che possano, vogliano o sappiano occuparsene. E' dunque una popolazione eterogenea per bisogni ma certamente accomunata da due fattori:

  • una classe sociale né troppo benestante, perché altrimenti utilizzerebbe le più costose residenze private per , né decisamente povera perché non potrebbe affrontare neppure rette contenute e parzialmente sovvenzionate.
  • un profilo psicosociale omogeneo perché rapidamente omologato dalla dimensione istituzionale delle

La retta delle RSA può venire pagata dall'anziano stesso se autonomo economicamente, dai suoi famigliari oppure, qualora l'anziano non avesse un'autosufficienza economica e anche la famiglia dimostrasse attraverso l'ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) la propria impossibilità a pagare, avere accesso a determinati bonus o prestazioni sociali agevolate.
La retta delle RSA è formata da due componenti: quella sanitaria
che riguarda le prestazioni mediche e farmacologiche che vengono assolte dal Servizio Sanitario Nazionale e quella sociale o alberghiera che riguarda le spese di vitto, pulizia dei locali, alloggio e altro. Questa parte della quota è a carico dell'anziano congiuntamente alla compartecipazione, se prevista, del Comune di appartenenza.

In sintesi, possiamo dire che gli ospiti delle RSA sono persone con possibilità economiche limitate o nulle, con un gradiente variabile di ed esposte ai danni della istituzionalizzazione.

Dunque una popolazione che può essere inclusa nella pur generica definizione di “persone con ” utilizzata dalle Nazioni Unite nella Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità. E' superfluo ricordare che questa convenzione è stata firmata e ratificata dall'Italia e ha dunque valore di legge.

Poiché le RSA possono essere pubbliche (del Comune o della ASL), private convenzionate col Sistema Sanitario Nazionale o completamente private, le responsabilità della ecatombe sono molteplici e coinvolgono diverse istituzioni. Quello che è certo è che il disastro occorso in queste strutture ha molto a che fare con una loro intrinseca natura vetero-istituzionale ossia con le caratteristiche comuni a tutte le istituzioni totali. Dunque una istituzione esposta alle tipiche logiche manicomiali che accoglie popolazioni vulnerabili da tutti i punti di vista, psicologico, fisico e sociale.

Vi è una cattiva qualità intrinseca a tutte le istituzioni simil-manicomiali e che è indipendente e precede la pandemia: dunque ben prima della pandemia le RSA erano luoghi di violazione sistematica delle principali direttive della Convenzione delle Nazioni Unite che, lo ripetiamo, ha in Italia valore di legge dopo che il nostro paese la ha ratificata.

Ecco alcuni stralci degli articoli che dovranno (dovrebbero) imperativamente essere esaminati per verificare lo stato di violazione occasionale o permanente della Convenzione nelle RSA:

Articolo 11Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie.
…Gli Stati Parti adottano, in conformità agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme internazionali sui umani, tutte le misure necessarie per garantire la protezione e la sicurezza delle persone con in situazioni di rischio, incluse le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie e le catastrofi naturali.

Articolo 15 – Diritto di non essere sottoposto a tortura, a pene o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti.
…Gli Stati Parti adottano tutte le misure legislative, amministrative, giudiziarie o di altra natura idonee ad impedire che persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, siano sottoposte a tortura, a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

Articolo 16Diritto di non essere sottoposto a sfruttamento, violenza e maltrattamenti.
…Gli Stati Parti adottano altresì tutte le misure adeguate ad impedire ogni forma di sfruttamento, di violenza e di maltrattamento, assicurando, segnatamente alle persone con disabilità, alle loro famiglie ed a coloro che se ne prendono cura, appropriate forme di assistenza e sostegno adatte al genere ed all'età, anche mettendo a disposizione informazioni e servizi educativi sulle modalità per evitare, riconoscere e denunciare casi di sfruttamento, violenza e . Gli Stati Parti assicurano che i servizi di protezione tengano conto dell'età, del genere e della disabilità.
Allo scopo di prevenire il verificarsi di ogni forma di sfruttamento, violenza e , gli Stati Parti assicurano che tutte le strutture e i programmi destinati alle persone con disabilità siano effettivamente controllati da autorità indipendenti.
Gli Stati Parti adottano tutte le misure adeguate per facilitare il recupero fisico cognitivo e psicologico, la riabilitazione e la reintegrazione sociale delle persone con disabilità vittime di qualsiasi forma di sfruttamento, violenza o maltrattamento, in particolare prevedendo servizi di protezione. Il recupero e la reintegrazione devono aver luogo in un ambiente che promuova la salute,il benessere, l'autostima, la dignità e l'autonomia della persona e che prenda in considerazione le esigenze specifiche legate al genere ed all'età.

 Articolo 19 – Vita indipendente ed nella società
…Gli Stati Parti alla presente Convenzione riconoscono il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone, e adottano misure efficaci ed adeguate al fine di facilitare il pieno godimento da parte delle persone con disabilità di tale diritto e la loro piena integrazione e nella società, anche assicurando che:(a) le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione;(b) le persone con disabilità abbiano accesso ad una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri di sostegno, compresa l'assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirsi e impedire che siano isolate o vittime di segregazione;(c) i servizi e le strutture sociali destinate a tutta la popolazione siano messe a disposizione, su base di uguaglianza con gli altri, delle persone con disabilità e siano adattate ai loro bisogni.

 Articolo 25 – Salute.
Gli Stati Parti riconoscono che le persone con disabilità hanno il diritto di godere del migliore stato di salute possibile, senza discriminazioni fondate sulla disabilità. Gli Stati Parti adottano tutte le misure adeguate a garantire loro l'accesso a servizi sanitari che tengano conto delle specifiche differenze di genere, inclusi i servizi di riabilitazione. In particolare, gli Stati Parti devono: (a) fornire alle persone con disabilità servizi sanitari gratuiti o a costi accessibili, che coprano la stessa varietà e che siano della stessa qualità dei servizi e programmi sanitari forniti alle altre persone, compresi i servizi sanitari nella sfera della salute sessuale e riproduttiva e i programmi di salute pubblica destinati alla popolazione; (b) fornire alle persone con disabilità i servizi sanitari di cui hanno necessità proprio in ragione delle loro disabilità, compresi i servizi di diagnosi precoce e di intervento d'urgenza, e i servizi destinati a ridurre al minimo e da prevenire ulteriori disabilità, segnatamente tra i e gli anziani;(c) fornire questi servizi sanitari alle persone con disabilità il più vicino possibile alle proprie comunità, comprese le aree rurali….

Articolo 28 – Adeguati livelli di vita e protezione sociale
Gli Stati Parti riconoscono il diritto ad un livello di vita adeguato alle persone con disabilità ed alle loro famiglie, incluse adeguate condizioni di alimentazione, abbigliamento e alloggio, ed al miglioramento continuo delle loro condizioni di vita, e adottano misure adeguate per proteggere e promuovere l'esercizio di questo diritto senza alcuna discriminazione fondata sulla disabilità.
Gli Stati Parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità alla protezione sociale ed al godimento di questo diritto senza alcuna discriminazione fondata sulla disabilità, e adottano misure adeguate a tutelare e promuovere l'esercizio di questo diritto, ivi incluse misure per:….(b) garantire l'accesso delle persone con disabilità, in particolare delle donne e delle con disabilità nonché delle persone anziane con disabilità,ai programmi di protezione sociale ed a quelli di riduzione della povertà; (c) garantire alle persone con disabilità e alle loro famiglie, che vivono in situazioni di povertà, l'accesso all'aiuto pubblico per sostenere le spese collegate alle disabilità, includendo una formazione adeguata, forme di sostegno ed orientamento, aiuto economico o forme di presa in carico; (d) garantire l'accesso delle persone con disabilità ai programmi di alloggio sociale…

Come si vede vi è abbondante materia per indagare sulle violazioni della Convenzione nelle RSA. Certamente è necessario disporre di strumenti capaci di accertare e misurare il gradiente delle violazioni dei affermati dalla Convenzione. A questo proposito, l' Organizzazione Mondiale della Salute ha reso disponibile uno strumento chiamato “WHO QualityRights Tool Kit” (WHO Quality Rights tool kit: assessing and improving quality and human rights in mental health and social care facilities. WHO, Geneva 2012) che fornisce la metodologia pratica per esplorare e accertare in modo rigoroso il compimento delle prescrizioni sancite dalla Convenzione e più in generale il rispetto o la violazione dei umani.

Lo strumento analizza cinque aree tematiche:

  • il diritto all'esercizio della capacità legale e alla libertà personale (sanciti negli articoli 12 e 14)
  • il diritto a non essere esposti ad alcun trattamento violento o degradante e abusivo (sancito negli articoli 15 e 16)
  • il diritto a vivere indipendentemente e ad essere inclusi nella comunità (sancito dell'articolo 19)
  • il diritto al livello più alto possibile di salute fisica e mentale (sancito nell'articolo 25)
  • il diritto a un adeguato standard di vita (sancito nell'articolo 28)

Dunque non ci sono scuse per ritardare: è urgente e necessario condurre una indagine nazionale sulle RSA e sul rispetto dei umani all'interno di queste strutture. Tale indagine è indispensabile per una documentata e radicale messa in questione del modello RSA: “Il Coronavirus? Ha mostrato il fallimento del modello residenziale. A livello nazionale, passata l'emergenza, dovrà essere discusso il modello di presa in carico delle persone con disabilità e anziane in residenza: un modello che non ha semplicemente “fatto acqua” ma si è dimostrato un modello da strage, nonostante l'impegno e la dedizione degli operatori che ci lavorano”. A parlare così è Marco Espa, presidente nazionale di ABC-Associazione bambini celebrolesi (in: Sara De Carli, VITA 23 aprile 2020).

Certamente i vecchi sempre più fanno parte di quel vasto universo di vite di scarto su cui agiscono le molteplici forme di istituzionalizzazione, da quella più densa costituita dalle istituzioni psichiatriche, per la disabilità mentale e dalle carceri, a quella più diffusa e invisibile costituita dai cittadini poveri che vivono nella strada.

“La funzione regolatoria degli scarti dalla normalità, tipica della istituzionale così come del carcere, non è certo scomparsa malgrado riforme e buone pratiche: l'idea di contenimento delle libertà e delle vite di scarto è ancora vigente” (Saraceno, Souq On Line , Aprile 2020).  Infatti la violenza istituzionale continua in quanto non solo la contenzione fisica non è scomparsa ma addirittura è stata teorizzata[1]: ricordiamo il tetro « Protocollo di Niguarda » che ha tentato di dare dignità scientifica a una pratica smentita da molte realtà italiane.

Proliferano i letti psichiatrici, semi psichiatrici, psicogeriatrici, assistenziali: di tutto un po' ma senza mai neppure prendere in considerazione che vi sia la possibilità di essere vecchi senza che questo debba significare inesorabilmente stare in un letto collocato in una istituzione speciale.  Oggi, dietro alla parola residenzialità sempre più si nasconde un mondo di miriadi di piccole e medie istituzioni psichiatriche e geriatriche , pubbliche, semi pubbliche, convenzionate e private. “Lo slogan del 1979 “Più case e meno Serenase” è ancora valido perché in realtà non sono case quelle dove risiedono gli utenti bensì strutture residenziali più o meno protette, sempre meno pubbliche, in un crescendo di “letti” residenziali e di riproduzione di logiche molto istituzionali che tra l'altro deprivano il di risorse e vanificano la idea stessa di nella e della comunità” (Saraceno, Souq On Line , Aprile 2020).

Il territorio, parola magica che doveva interpretare e inverare l'incontro fra storie individuali e luoghi di vita comunitaria, tende ad essere rimpiazzato da «spazi istituzionali » ossia da «non luoghi», per dirla con Marc Augé (Marc Augé, Nonluoghi. Introduzione a un'antropologia della surmodernità, Elèuthera, 2009) che poco o nulla hanno a che fare con la vita reale intorno ad essi.

Dobbiamo certamente ripensare la idea stessa di Comunità perché essa è venuta radicalmente mutando negli ultimi trenta anni: di essa sappiamo poco, ed è in questa pervietà della conoscenza che si inseriscono le neo istituzioni, le neo etichette, le neo burocrazie che trovano un casella per ogni problema e dunque fanno sparire soggetti e cittadini per fare invece apparire gruppi con diritti indeboliti.

Ecco dunque che la cultura mortifera dello scarto non riguarda solo l'ambiente ma, come Guido Viale scrive, essa “si trasferisce e investe il nostro rapporto con l'essere umano, con il nostro prossimo. L'essere umano ridotto a risorsa, che vale solo perché ci serve, è condannato al destino di scarto non appena non serve più: di qui l'emarginazione di una parte crescente dell'umanità, ma anche il suo sfruttamento fintanto che può “servire”, cioè avere un ruolo nell'alimentare i cicli della produzione e del consumo”(Viale Guido. Scarto e cultura dello scarto).  Ebbene, gli spazi per rigettare e confinare le vite di scarto sono costituiti da tutte le istituzioni totali e quindi non solo dai manicomi vecchi e nuovi, dalle carceri ma anche dalle RSA.

Dunque scarti umani, i vecchi piú poveri e meno garantiti (cosí come altri cittadini fragili e vulnerabili) sono il prodotto di scarto della idea di Sviluppo neoliberale che vuole fare credere che il Progresso (desiderabile evolversi della umanità) sia sinonimo di Sviluppo. “Sono a favore del Progresso ma sono contro lo Sviluppo” disse Pier Paolo Pasolini in una intervista.  Noi dobbiamo dunque lavorare e lottare per promuovere il Progresso e per combattere i modelli attuali di Sviluppo.

Certamente, se c'è una parola che non solo non ha perso attualità ma purtroppo è sempre più confinata nell'antiquariato delle idee vecchie è la parola . Si avverte nel clima morale e culturale attuale una sorta di fastidio quando la parola ritorna come se si trattasse di una utopia nobile sì ma, tutto sommato, frutto di un pensiero politico adolescenziale.

Non v'è dubbio invece che c'è il bisogno di ritrovare il senso e il potere innovativo tecnico e morale insito nella «vecchia» nozione di .


già capo della divisione dell'Organizzazione Mondiale della per la

 

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[1]Si diffondono pratiche e protocolli ospedalieri e professionali sulla contenzione, nell'errato convincimento del valore giustificativo e tutorio per gli operatori in caso di lesioni, decessi e danni di qualsiasi genere ai pazienti. Tutti gli argomenti giuridici giustificativi di dette pratiche non tengono conto che nella legislazione vigente la contenzione in senso stretto, meccanica (distinta dall'occasionale ed eccezionale contenzione fisica e dalla contenzione farmacologia) non è prevista e che non trattasi di lacuna per distrazione del Legislatore, bensì di consapevole scelta dello stesso”. F. Maisto, Imputabilità e vulnerabilità, Quaderni di SOUQ-Centro Studi Sofferenza Urbana, 2011, n.4