Presentiamo Abitare Molto Sociale, un laboratorio di confronto e riflessione attivato da Istituzione Minguzzi, Città metropolitana di Bologna e Acer Bologna, con l’obiettivo di approfondire le politiche abitative di inclusione per soggetti fragili e vulnerabili, documentando la complessità di esperienze esistenti sul territorio metropolitano. Una versione parziale del testo che segue è già stato pubblicato su Abito Qui, il magazine di ACER Bologna Metropolitana.

“La “marginalità urbana avanzata” e le politiche che la governano costituiscono nuove “classi di esclusi” (“estranei”: “espulsi”; “superflui”) per le quali le prospettive di transizione o di inserimento sono particolarmente difficili. Di fatto, la visione ottimistica dell’inserimento non considera che buona parte dei marginali non sono neppure candidati, con le attuali politiche, a misure di inserimento o integrazione”
Antonio Tosi, Intervento “Un “abitare” che cambia”, 27 marzo 2019, Regione Emilia – Romagna

 

Premessa

Il progressivo invecchiamento della popolazione che vive nelle abitazioni di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP) delle grandi città italiane, la concentrazione nelle cosiddette “case popolari” di nuclei monofamiliari e/o con disabilità, portatrici di problematiche legate alla cronicità e/o alla non autosufficienza, persone immigrate, famiglie in situazioni di povertà economica, sociale e/o educativa delineano contesti di multiproblematicità e vulnerabilità sociale che, in assenza di adeguate risposte da parte delle politiche pubbliche, in termini di presa in carico dei bisogni delle persone che in quei contesti abitano, diventano luoghi inospitali, potenziali incubatori di conflitti sociali che alimentano processi di disgregazione del tessuto comunitario.

È dunque indispensabile, per migliorare la qualità di vita degli abitanti e favorire la coesione sociale, che la gestione del patrimonio abitativo pubblico di tipo residenziale prenda in considerazione la condizione di fragilità delle persone che accedono agli alloggi di ERP e che le istituzioni locali che si occupano di politiche abitative, in collaborazione con le Aziende Casa, riflettano e si interroghino su politiche in grado di coniugare aspetti relativi alla gestione del patrimonio immobiliare con aspetti sociali.

L’ampiezza del termine “Housing sociale”, la complessità del tema e il dibattito presente in letteratura non aiutano a districarsi tra le numerose forme innovative di abitare che prevedono la partecipazione di soggetti pubblici, privati e del terzo settore. In generale, con il termine “Housing sociale” è tuttavia possibile designare un insieme eterogeneo di forme di abitare (per esempio residenze solidali o coabitazioni) che integrano interventi di edilizia e gestione del patrimonio immobiliare con servizi di natura socio-sanitaria-educativa orientati a favorire l’inclusione, il benessere sociale e lo sviluppo di comunità (Galdini, 2012[1]).

In questa prospettiva, sono interessanti alcuni progetti di “abitare sociale” presenti sul territorio che riguardano direttamente le popolazioni vulnerabili e su cui possono concentrarsi politiche ad alta integrazione sociosanitaria, con particolare attenzione a chi risiede (o può risiedere) negli appartamenti ERP, mantenendo però lo sguardo attento anche a forme orientate a fornire abitazioni al di sotto del costo di mercato a persone disabili, anziane, con problematiche sociali o sociosanitarie, senza dimenticare tutte quelle altre forme di abitare che, in generale, sono volte a migliorare la qualità dell’abitare (si vedano ad esempio le esperienze di abitare collaborativo, di vicinato solidale ecc.).

Sebbene a Bologna esistano alcune iniziative innovative in questa direzione (forme di portierato sociale, la Microarea di Pescarola e Piazza dei Colori, condomini in cui vengono cogestite attività sociali), il modello di interazione rimane in buona parte orientato ad una gestione tecnico-legale-amministrativa del patrimonio, nel rispetto della normativa vigente e della mission dell’ente gestore. Spesso le attività vengono realizzate attraverso bandi e difficilmente si riesce a garantire continuità temporale ai progetti promossi; sarebbe dunque necessario lavorare con una prospettiva che permetta di consolidare simili sperimentazioni e istituzionalizzarle in un sistema strutturato di politiche pubbliche. Da parte del Terzo Settore, si avverte in particolare la mancanza di momenti di raccolta e sedimentazione delle esperienze, di una riflessione volta ad approfondire dinamiche e processi orientati verso un approccio di prossimità più organico.

È a partire da queste sollecitazioni che la Città Metropolitana di Bologna e l’Istituzione Gian Franco Minguzzi, in collaborazione con ACER Bologna, hanno sviluppato un percorso laboratoriale di confronto e riflessione sull’“Abitare (MOLTO) sociale”, rivolto a soggetti del Terzo Settore che si occupano di servizi sociali, sociosanitari e di comunità, in relazione alle più diverse vulnerabilità.

Il laboratorio si pone principalmente l’obiettivo di approfondire le politiche abitative di inclusione per soggetti fragili e vulnerabili, documentando la complessità di esperienze esistenti sul territorio metropolitano. Il fine è quello di interrogarsi su come rendere sostenibili e sistemici questo tipo di interventi, facendo emergere specifici problemi legati alle nuove esigenze dell’abitare, come sedimentare e dare continuità a queste esperienze, affinché la “comunità” non resti solo legata a un singolo progetto; si tratta, dunque, di immaginare collettivamente come i saperi emersi da questi interventi possano acquisire una rilevanza sistemica, producendo scelte politiche e di impatto sui servizi sociali e sanitari.

Cosa abbiamo fatto

Il percorso laboratoriale ha preso avvio a maggio 2023 con un primo incontro dedicato alla narrazione di esperienze da parte di soggetti del terzo settore del territorio metropolitano che gestiscono servizi abitativi innovativi, per condividere criticità e prospettive e capire come mettere in rete le risorse. All’incontro sono state invitate a partecipare realtà che gestiscono già servizi abitativi o correlati all’abitare nell’ambito metropolitano di Bologna e soggetti che potessero essere interessati a progettazioni innovative in questo ambito. Dall’incontro è emersa una grande ricchezza di esperienze e alcuni elementi ricorrenti che ci sembra utile descrivere, seppur brevemente.

In primo luogo, sono emerse delle interessanti riflessioni su cosa significhi ‘”abitare”: abitare è sia strumento che presupposto per l’autodeterminazione, e si declina nel perseguimento dell’autonomia, sia essa personale, professionale, relazionale. Abitare significa anche un posto sicuro, elemento che sovente si sottovaluta, ma che emerge in particolare in situazioni emergenziali, come nel caso delle donne che hanno subito violenza o nel caso di calamità naturali che ci affliggono. “Abitare” implica inoltre integrazione con il contesto e l’ambiente di vita, elemento che passa attraverso aspetti fisici (di natura più o meno simbolica) e sociali. Tale aspetto richiama il tema della socialità, della collaborazione, della condivisione e del conflitto assieme agli aspetti critici e positivi che questi comportano. Infine, l’ “abitare” così inteso è anche cooperazione, da declinare anche nei termini di una “rete” che permette di strutturare innovazione anche attraverso il reperimento di competenze diverse e la creazione di strumenti nuovi per rispondere ai diversi bisogni sociali e abitativi, ma che va “curata” e alimentata giorno dopo giorno. Tali accezioni del concetto di “abitare” richiamano la possibilità di costruire salute, poiché esso incide sulle condizioni necessarie affinché le persone possano autodeterminarsi – tanto a livello privato quanto nella collettività, attraverso la creazione di relazioni ‘significative’.

In secondo luogo, dal primo incontro laboratoriale è emerso, così come testimoniato anche in letteratura, il tema della temporaneità dei progetti e delle esperienze di condivisione, anche strettamente legata a finanziamenti singoli (vedi Fondazione con i bambini, fondazioni bancarie, ecc.). Si rende pertanto necessario riflettere su come rendere tali percorsi il più possibile continuativi, anche in relazione alle risorse disponibili, per evitare di finire nel rischio notato da Tosi, che gli interventi “molto” sociali diventino contenitori per certe fragilità “non includibili, in coerenza con le politiche sociali neoliberali” (Antonio Tosi, Intervento “Un “abitare” che cambia”, 27 marzo 2019, Regione Emilia – Romagna disponibile su: https://sociale.regione.emilia-romagna.it/esclusione-sociale-e-poverta/un-201cabitare201d-che-cambia-1). In questa direzione, ci si è ad esempio chiesti se un’esperienza di riflessione può contribuire a creare una capacità pubblica di incidere sulle dinamiche del mercato: quali sono i rischi insiti nelle sempre più frequenti partnership pubblico/privato? Al contempo si nota anche un forte bisogno di approfondire la collaborazione con l’ente pubblico, attraverso la messa a disposizione di alloggi, ma anche con i servizi sociali e sanitari, seppur tra importanti difficoltà: quale capacità di replicabilità hanno questi modelli, quanto spesso le istituzioni li conoscono?

A seguito del primo incontro dedicato alla narrazione di esperienze presenti nel territorio metropolitano, il 14 giugno 2023 è stato realizzato il seminario “Abitare molto sociale. Progetti ed esperienze per un abitare inclusivo” che si è svolto presso la Sala Anziani di Palazzo d’Accursio (Comune di Bologna). Il seminario ha visto la partecipazione di circa 80 persone tra operatori dei servizi sociali, sociosanitari, abitativi, associazioni del terzo settore che operano sui temi dell’abitare, rappresentanti delle istituzioni. L’evento è stato dedicato alla presentazione di tre esperienze innovative sul tema dell’abitare collaborativo e sociale, pensate per rispondere in modo integrato a diverse tipologie di bisogni: 1) il progetto C.A.S.A. – Centri ALER per i Servizi Abitativi, illustrato da Domenico Ippolito, Direttore generale di ALER Milano, e Raffaella Saporito, docente di Practice of Government, Health and Not for Profit al Dipartimento di Scienze sociali e politiche della SDA Bocconi; 2) il modello P.R.I.S.M.A. (Fondazione La Città del Sole Onlus, Perugia), descritto da Marco Casodi, Direttore generale della Fondazione La Città del Sole Onlus, Perugia; 3) il progetto BuonAbitare (Associazione BuonAbitare), presentato da Elvio Raffaello Martini, psicologo di comunità, ideatore e animatore del progetto BuonAbitare e presidente dell’associazione omonima.

Anche in questa occasione, tanti gli interrogativi posti dai relatori. «In che modo – si chiede Martini – possiamo introdurre elementi di socialità nell’abitare ordinario “appartato” dei condomini delle nostre città?». I servizi sono importanti, ma a volte non sono sufficienti ed è necessario integrarli o aggiungerne di nuovi; è importante garantire la funzionalità, la capillarità, portarli il più vicino possibile alle persone, nella prossimità. Anche l’aspetto urbanistico e quello architettonico sono importanti, ma la qualità dell’abitare ha bisogno del coinvolgimento attivo, responsabile e organizzato delle persone.

«È inevitabile – spiega la professoressa Saporito – che le complessità di cui sono portatori gli abitanti entrino, di fatto, nei processi di gestione di un’azienda Casa. Nella misura in cui queste aziende gestiscono un servizio pubblico, la gestione non può che essere sociale».

L’abitare molto sociale richiede un ragionamento su cosa voglia dire, oggi, offrire servizi abitativi: vuol dire osservarne gli ingredienti, ma anche soffermarsi sugli apprendimenti.

Nella crisi del mercato urbano, che esacerba i rapporti tra beni e soggetti della società contemporanea, l’azione pubblica può e deve dare spazio alle voci e alle competenze diffuse, formarne di nuove, allungando la sua rete dentro una nuova concezione dello spazio urbano e umano. Infine, il seminario è stato l’occasione per promuovere il proseguimento del percorso laboratoriale nei prossimi mesi, per riflettere insieme su esperienze esistenti in ambito metropolitano e interventi innovativi a sostegno dell’abitare pubblico e sociale.

Elisabetta Mandrioli, Luca Negrogno, Francesca Pistone (Istituzione G. F. Minguzzi)
Martina Belluto (Città metropolitana di Bologna)

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  1. Rossana Galdini, L’abitare difficile. La casa in Italia tra desideri e risorse, Liguori, Napoli, 2012