Riportiamo le considerazioni conclusive di Angelo Fioritti al termine del ciclo di incontri: “2004-2024 VENT’ANNI DI AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO” organizzato dai partner del progetto SOStengo! in occasione del ventennale della legge 6/2004. Ripercorrendo i tre incontri tenutisi a Bologna presso la Sala del Consiglio metropolitano di Palazzo Malvezzi, l’articolo pone l’attenzione sull’attuale stato dell’istituto dell’amministrazione di Sostegno, mettendo in luce criticità e punti di forza e fornisce una riflessione su possibili prospettive di evoluzione futura.
L’articolo ha inoltre intento di stimolare un dibattito che avremmo piacere di ospitare qui sul nostro blog, sollecitando i lettori a rispondere con commenti, osservazioni, proposte in merito
Introduzione
Il ciclo di seminari promosso dall’Istituzione Gian Franco Minguzzi della Città Metropolitana di Bologna, avviato nell’ottobre 2023 e conclusosi il 9 gennaio 2025, ha rappresentato un’importante occasione di riflessione sul ventennale della Legge 6/2004, che ha introdotto l’istituto dell’Amministrazione di Sostegno (AdS). Questo percorso ha consentito di esaminare in profondità sia l’evoluzione normativa sia gli effetti applicativi dell’AdS, mettendo in luce criticità, opportunità e proposte di miglioramento per il futuro.
L’Amministrazione di Sostegno, concepita come strumento per la tutela delle persone fragili, è diventata negli anni un pilastro del nostro sistema di welfare. Tuttavia, la sua crescente importanza ha portato a una serie di interrogativi sulla capacità del sistema giuridico e sociale di rispondere alle sfide emergenti, in un contesto sociale e legislativo sempre più complesso.
Un contesto che vede fragilità crescenti e diversificate come compiutamente illustrato nell’intervento di Gino Mazzoli[1].
Evoluzione normativa e contesto nazionale
In vent’anni, l’Amministrazione di Sostegno ha registrato una significativa evoluzione, sia quantitativa sia qualitativa. Attualmente, in Italia si contano circa 400.000 amministrazioni attive, ma si stima che questo numero potrebbe facilmente superare il milione, considerando l’espansione del concetto di fragilità. Tale concetto, originariamente focalizzato su disabilità, infermità e menomazioni, si è progressivamente allargato per includere situazioni di vulnerabilità sociale e culturale che sostanziano il concetto di “fragilità civilistica”[2].
Questo cambiamento è evidente non solo nei numeri, ma anche nella diversificazione delle tipologie di beneficiari. Ad esempio, tra i nuovi profili emergono persone con dipendenze, ludopatici, immigrati analfabeti e altri soggetti che, pur non rientrando nei criteri tradizionali di disabilità, necessitano di un supporto specifico per affrontare le complessità della vita contemporanea. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha persino riconosciuto la possibilità di nominare un amministratore di sostegno per incapacità di carattere culturale, aprendo la strada a interpretazioni innovative del concetto di tutela.
Nel corso del 2024, alcune importanti novità normative hanno contribuito a ridefinire ulteriormente il quadro applicativo dell’AdS.
Tra queste, il Decreto Legislativo 62/2024 sul progetto di vita[3], sviluppato nell’ambito dei decreti delegati sulla disabilità, ha rappresentato un passo avanti nell’integrazione delle politiche di sostegno con le esigenze esistenziali delle persone fragili.
Inoltre, sentenze come quella della Corte Europea nel caso Calvi-Gilardi[4] hanno avuto un impatto significativo, evidenziando come il bilanciamento tra supporto e limitazione dei diritti rappresenti una questione cruciale per l’AdS.
Un altro aspetto rilevante emerso negli ultimi vent’anni è stato l’ampliamento della sfera di intervento dell’istituto. Originariamente concepita per gestire aspetti economici e patrimoniali, l’AdS è oggi coinvolta in decisioni di carattere personale, sanitario e relazionale.
Temi come i piani terapeutici, le scelte di vita, il luogo di residenza, le decisioni in materia di fine vita[5] e persino il diritto al matrimonio o alla procreazione (ad esempio per persone con sindrome di Down) testimoniano la complessità delle situazioni affrontate. Questo ampliamento ha reso l’AdS uno strumento sempre più indispensabile, ma ha anche accentuato le criticità di un sistema che spesso fatica a rispondere adeguatamente alle richieste.
Successi e criticità del sistema
Il successo dell’Amministrazione di Sostegno, tuttavia, non è stato privo di conseguenze. La crescente domanda di interventi ha evidenziato numerose criticità sistemiche. In primo luogo, il sistema giudiziario è sovraccarico[6]. I giudici tutelari, spesso in numero insufficiente e con risorse limitate, si trovano a gestire migliaia di casi, compromettendo la qualità dell’ascolto e dell’intervento. Ad esempio, nel Tribunale di Bologna un solo giudice ha dovuto affrontare oltre 8.000 pratiche aperte, tra amministrazioni di sostegno e tutele, in un contesto di risorse umane e materiali inadeguate.
Un ulteriore elemento di criticità riguarda la disomogeneità territoriale. Nel Nord Italia, le AdS sono più diffuse e formalizzate, mentre nel Sud prevale una gestione informale che espone i beneficiari a maggiori rischi di abuso. Questa disparità riflette non solo differenze culturali, ma anche un accesso diseguale alle risorse e ai servizi pubblici.
Infine, l’istituto è talvolta vittima del suo stesso successo. L’espansione delle aree di intervento e il crescente numero di beneficiari hanno creato una “sofferenza di sistema”, con una domanda che supera ampiamente le capacità di risposta delle istituzioni coinvolte. Questo ha portato a fenomeni di burocratizzazione, con decreti standardizzati e una ridotta capacità di personalizzazione degli interventi, generando frustrazione tra tutti gli attori del sistema: giudici, familiari, amministratori e beneficiari stessi.
Prospettive di miglioramento
Per affrontare le sfide emerse in questi vent’anni, è necessario un approccio integrato che coniughi interventi legislativi a livello nazionale e iniziative organizzative a livello locale[7]. Le soluzioni individuate nel corso del ciclo di seminari possono essere sintetizzate in due principali direzioni:
- Riforme legislative:
- Superamento delle interdizioni e delle inabilitazioni, istituti ormai superflui alla luce delle potenzialità dell’AdS. Questo consentirebbe di semplificare il quadro normativo e di uniformare le pratiche.
- Armonizzazione della legislazione italiana con quella europea, attraverso l’adesione alla Convenzione dell’Aia e il coordinamento con normative come la Legge 219/2017 sulle disposizioni anticipate di trattamento. Questo è particolarmente rilevante in un contesto di crescente mobilità internazionale, dove è necessario garantire continuità di tutela ai beneficiari che risiedono all’estero[8].
- Definizione più chiara del bilanciamento tra supporto e limitazione nell’AdS, mantenendo al centro il principio della personalizzazione degli interventi[9].
- Iniziative locali:
- Creazione di patti di collaborazione tra i diversi attori del sistema (giudici, beneficiari, amministrazioni pubbliche, volontari, professionisti, familiari). Questi patti locali potrebbero rappresentare una risposta concreta alla necessità di integrare risorse e competenze.
- Istituzione di sportelli territoriali e tavoli di confronto per le fragilità. Questi strumenti permetterebbero di intercettare precocemente le situazioni critiche e di fornire risposte tempestive e personalizzate.
- Valorizzazione delle buone pratiche, come il modello di vicinanza adottato a Reggio Emilia, che privilegia il coinvolgimento attivo della comunità locale.
Azioni concrete per il futuro
In chiusura, il percorso di riflessione ha portato alla definizione di un decalogo di azioni pratiche, volte a rilanciare l’AdS e a garantirne la sostenibilità:
- Sostenere e valorizzare la figura dell’amministratore di sostegno, attraverso campagne di sensibilizzazione e riconoscimenti pubblici.
- Rafforzare le risorse e il prestigio dei giudici tutelari, evidenziando il loro ruolo cruciale nella tutela delle persone fragili.
- Promuovere soluzioni dal basso, incentivando modelli di vicinanza e partecipazione attiva delle comunità locali.
- Diffondere e studiare il profilo esistenziale dei beneficiari, per migliorare la personalizzazione degli interventi.
- Affrontare le situazioni dei “fragili difficili” con approcci innovativi e multidisciplinari, evitando soluzioni coercitive.
- Creare sportelli dedicati e tavoli locali per le fragilità, favorendo il dialogo tra istituzioni e territorio.
- Partecipare attivamente al Tavolo Nazionale delle Persone Fragili presso il Ministero della Giustizia.
- Promuovere studi e monitoraggi sistematici sulle AdS, per valutare l’efficacia delle politiche e identificare criticità.
- Organizzare conferenze nazionali annuali sull’Amministrazione di Sostegno, per stimolare il confronto e la condivisione di buone pratiche.
- Integrare gli strumenti organizzativi e normativi esistenti, migliorandone l’accessibilità e l’efficacia.
Conclusione
Il ventennale della Legge 6/2004 rappresenta un’opportunità unica per fare il punto sui risultati raggiunti e sulle sfide ancora aperte. L’Amministrazione di Sostegno è uno strumento fondamentale per garantire la tutela delle persone fragili, ma il suo futuro dipenderà dalla capacità di tutti gli attori coinvolti di lavorare insieme, superando le criticità attuali e costruendo un sistema più equo, sostenibile e inclusivo. Solo attraverso un impegno collettivo sarà possibile mantenere al centro il benessere delle persone fragili, rispettandone la dignità e i diritti.
Angelo Fioritti, psichiatra
Membro del CdA dell’Istituzione Gian Franco Minguzzi
PER OSSERVAZIONI, COMMENTI E PROPOSTE IN MERITO AL TEMA QUI SOLLEVATO, SCRIVI A: minguzzi@cittametropolitana.bo.it
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NOTE
- Nel suo intervento del 2 dicembre 2024, Mazzoli descrive un panorama di crescente disagio sociale caratterizzato da una aumento della fragilità (crescono i disagi psichici legati a carenze relazionali, con un numero crescente di “nuovi poveri” per motivi psicologici, sociali ed economici), erosione delle reti sociali (la velocità dei cambiamenti sociali ha sfibrato i legami, lasciando molte persone sole e incapaci di autogestirsi), effetti del COVID-19 (la pandemia ha accelerato la polarizzazione sociale, con chi riesce a progredire e chi viene escluso, confinato in condizioni di marginalità). Mazzoli sottolinea come la società stia affrontando una crisi esistenziale, caratterizzata da disperazione, risentimento verso le istituzioni e un senso di isolamento. In questo contesto, egli richiama la necessità di creare nuovi immaginari collettivi che rafforzino il senso di comunità e la democrazia. Secondo Mazzoli, il welfare moderno deve essere interpretato come una comunità che si appropria del disagio per affrontarlo collettivamente. Egli enfatizza il valore delle risorse informali e quotidiane, spesso invisibili, che sostengono il tessuto sociale: persone di cura (oltre ai caregiver formali, esiste una rete diffusa di amministratori di sostegno, famiglie affidatarie, vicini, commercianti e professionisti che forniscono supporto informale), ricostruire fiducia (Mazzoli richiama l’attenzione sull’importanza di valorizzare il “plancton sociale”, cioè quelle relazioni di prossimità che ricostruiscono il senso dello stare insieme).Mazzoli suggerisce strategie per rafforzare il modello bolognese di SOStengo e il welfare di comunità: 1-Allargare le reti: Coinvolgere nuove persone, andando oltre il nucleo consolidato di volontari e attori istituzionali. 2-Visualizzare le risorse invisibili: Creare occasioni di incontro per riconoscere e valorizzare i contributi informali della comunità. 3-Investire nella connessione: Collegare le risorse esistenti per generare un impatto maggiore, riconoscendo il valore della partecipazione locale e comunitaria. Mazzoli conclude che la cura dei più fragili coincide con la cura della democrazia. Il progetto SOStengo dimostra che il sostegno alle persone in difficoltà può essere un motore di coesione sociale, e invita a considerare questo modello come base per una strategia più ampia di tutela comunitaria. ↑
- Il concetto di fragilità civilistica fa riferimento a una condizione di vulnerabilità che coinvolge individui o categorie di persone che, per motivi fisici, psichici, economici o sociali, sono limitati nell’esercizio dei propri diritti o nella capacità di provvedere autonomamente ai propri interessi. Si tratta di una fragilità legata al diritto civile, che tocca ambiti come la capacità giuridica, la capacità di agire, la protezione dei diritti e la tutela delle persone più deboli, le cui caratteristiche principali sono:
- Protezione giuridica: La fragilità civilistica implica la necessità di strumenti giuridici di tutela, come l’interdizione, l’inabilitazione e l’amministrazione di sostegno, che bilanciano la salvaguardia dei diritti con la protezione dell’individuo.
- Vulnerabilità sociale: Questo tipo di fragilità può derivare anche da condizioni economiche, familiari o relazionali che compromettono l’accesso alla giustizia o alla piena cittadinanza.
- Centralità della persona: Negli ultimi anni, si è sviluppato un approccio che pone al centro l’autodeterminazione e la dignità della persona fragile, in linea con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
Diversi studiosi (Luigi Mengoni, Paolo Cendon, Salvatore Patti, Ugo Ruffolo. Mario Bessone) hanno affrontato il tema della fragilità civilistica, ognuno con prospettive e approfondimenti specifici. Oltre agli autori citati, il concetto di fragilità civilistica è stato ampliato negli ultimi anni grazie all’interazione tra diritto civile e altre discipline (come Psicologia, sociologia e antropologia). Studi contemporanei sottolineano Il ruolo delle reti sociali nel supporto ai soggetti fragili, l’importanza di un approccio personalizzato, come nel caso dell’amministrazione di sostegno, l’interconnessione tra vulnerabilità individuale e crisi sistemiche (economiche, sanitarie o climatiche). ↑
- Il Decreto Legislativo n. 62 del 2024 introduce disposizioni significative in materia di disabilità, con particolare attenzione al “Progetto di Vita Individuale”.Il Decreto mira a garantire alle persone con disabilità il pieno esercizio dei loro diritti e la possibilità di vivere una vita autonoma e dignitosa, promuovendo l’attuazione del Progetto di Vita Individuale. Questo strumento è diretto a realizzare gli obiettivi della persona con disabilità, migliorando le condizioni personali e di salute nei diversi ambiti di vita, facilitandone l’inclusione sociale e la partecipazione nei vari contesti su base di uguaglianza con gli altri.Il Progetto di Vita è un documento personalizzato che individua strumenti, risorse, interventi, benefici, prestazioni, servizi e accomodamenti ragionevoli volti a eliminare e prevenire le barriere, attivando i supporti necessari per l’inclusione e la partecipazione della persona con disabilità nei diversi ambiti di vita. Esso comprende anche misure per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale, nonché eventuali sostegni erogabili in favore del nucleo familiare e di chi presta cura e assistenza. La persona con disabilità è titolare del Progetto di Vita e ne richiede l’attivazione, partecipando attivamente alla determinazione dei contenuti e apportando modifiche e integrazioni secondo i propri desideri, aspettative e scelte. Questo approccio rafforza il protagonismo della persona nella costruzione del proprio percorso di vita, in linea con i principi della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.Per l’elaborazione del Progetto di Vita, è prevista una valutazione multidimensionale che considera vari aspetti della vita della persona con disabilità, tra cui: Profilo di funzionamento, capacità e performance secondo la Classificazione Internazionale del Funzionamento (ICF), barriere e facilitatori negli ambiti di vita e competenze adattive, valutazioni inerenti al profilo di salute fisica, mentale, intellettiva e sensoriale, ai bisogni della persona e ai domini di qualità di vita, in relazione alle priorità della persona con disabilità. Questa valutazione è svolta da un’Unità di Valutazione Multidimensionale composta da professionisti di diverse discipline, garantendo un approccio olistico e integrato.Il Decreto introduce l’obbligo per tutti i soggetti pubblici e privati di prevedere l’accomodamento ragionevole, ovvero misure volte a trovare un punto di incontro tra quanto è e può essere offerto sia dal pubblico che dal privato che richiede il Progetto di Vita. Questo garantisce che le esigenze specifiche della persona con disabilità siano adeguatamente considerate e soddisfatte.È prevista una fase di sperimentazione delle nuove modalità in nove province italiane (Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste) per tutto il corso del 2025, a partire dal 1° gennaio. Successivamente, si passerà a un’attuazione a livello nazionale nel 2026. Per le province non coinvolte nella sperimentazione, rimane attiva la normativa già vigente, che consente di richiedere la stesura del Progetto di Vita tramite una PEC al comune di residenza. ↑
- Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 6 luglio 2023 – Ricorso n. 46412/21 – Causa Calvi e C.G. c. Italia ↑
- La legge n. 6 del 9 gennaio 2004 e la legge n. 219 del 22 dicembre 2017 presentano aree di sovrapposizione perché entrambe hanno come obiettivo la tutela dei diritti delle persone vulnerabili, ma lo fanno in modi complementari. Le principali aree di interazione e sovrapposizione tra queste leggi riguardano la tutela della persona e la gestione delle decisioni in ambito patrimoniale, personale e sanitario. Entrambe le leggi pongono al centro l’autodeterminazione della persona:
- la legge 6/2004 lo fa attraverso un approccio che delega il supporto a un amministratore di sostegno per le decisioni necessarie, garantendo comunque che la persona conservi la capacità di esprimersi su atti non delegati,
- la legge 219/2017 garantisce che la volontà della persona, espressa tramite le DAT o il consenso informato, sia rispettata anche in situazioni di incapacità temporanea o permanente.
- La legge 6/2004 attribuisce all’amministratore di sostegno la possibilità di intervenire in decisioni sanitarie, ma solo se previsto nel decreto di nomina del giudice tutelare.
- Con la legge 219/2017, l’amministratore di sostegno può avere un ruolo attivo nell’esprimere il consenso informato o nell’applicazione delle DAT della persona assistita, se questa non è più in grado di manifestare la propria volontà e ciò è previsto nelle disposizioni adottate.
- La legge 219/2017 consente a una persona di designare, nelle proprie DAT, un fiduciario che rappresenti la sua volontà in ambito sanitario.
- Se la persona non ha designato un fiduciario, il giudice può individuare un amministratore di sostegno che eserciti questo ruolo.
- In alcuni casi, l’amministratore di sostegno e il fiduciario possono coincidere, a seconda della volontà della persona assistita o della decisione del giudice.
- La legge 219/2017 regola esplicitamente le decisioni relative ai trattamenti sanitari di fine vita (es. nutrizione artificiale, rianimazione), mentre la legge 6/2004 consente all’amministratore di sostegno di partecipare a tali decisioni solo se previsto dal decreto di nomina.
- Le due leggi si sovrappongono nella necessità di rispettare la volontà della persona in situazioni di incapacità, con l’amministratore di sostegno che può diventare uno strumento per attuare quanto previsto nelle DAT.
In alcuni casi, possono sorgere conflitti interpretativi o difficoltà pratiche:
- Ruoli e poteri del fiduciario e dell’amministratore di sostegno:
- Se esistono sia un fiduciario (designato con la legge 219/2017) sia un amministratore di sostegno, è necessario coordinare le loro competenze, evitando sovrapposizioni o conflitti.
- Nomina dell’amministratore di sostegno:
- In assenza di un fiduciario, la nomina di un amministratore di sostegno può essere interpretata come uno strumento per dare piena applicazione alle DAT o per decidere in assenza di queste.
- Intervento del giudice tutelare:
- Entrambe le leggi attribuiscono al giudice un ruolo centrale nella risoluzione di controversie (es. rispetto alla validità delle DAT o alla nomina di un amministratore di sostegno).
- Per una analisi dello sviluppo qualitativo della AdS in Italia si rimanda allo studio della Fondazione Zancan che ha costituito la base della presentazione di Davis Geron nell’incontro dell’11 Ottobre 2023: “Monitoraggio e ricongnizione nazionale delle esperienze di Amministrazioni di Sostegno in Italia”, Studi Zancan, 5-6 2022. Scaricabile gratuitamente da: https://www.fondazionezancan.it/product/studi-zancan-5-6-2022/ ↑
- È opportuno richiamare i punti essenziali dell’intervento di Paolo Cendon all’incontro dell’11 ottobre 2023, soprattutto relativamente agli spunti operativi volti al superamento delle criticità evidenziatesi nel corso di questi vent’anni. Possiamo riassumere le proposte di Cendon nei seguenti punti:
- Punto di partenza è Art. 3 della Costituzione “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”;
- Il compito fondamentale deve essere assunto da tutta la comunità ma soprattutto dal Comune; è lui in primo piano chiamato a rispondere della “fragilità Bolognese”; il viaggio del cittadino nei vari uffici: Giudice, Psichiatria, ospedale, tempo libero (un rimbalzo disordinato fra vari uffici ed interlocutori); questo viaggio va assistito , non dev’essere un rimbalzo casuale (non si sa dove sia, dove va, cosa fa…), questa confusione va combattuta, ordinata; bisogna sostituire il viaggio casuale con un viaggio razionale; quindi il sindaco che si prende carico del viaggio e lo segue punto per punto durante tutti i passaggi che dovrà fare. Un rimbalzo non casuale ma accompagnato e sostenuto punto per punto; é il Comune responsabile di fronte alla legge di svolgere questo compito ma non è necessario che tutto questo lo faccia lui in prima persona con il suo ufficio /Assistenti sociali; può farlo delegando per esempio anche ad altri soggetti esterni al Comune a cui affidare la regia (serve una rete, la costruzione di modelli aggregativi che reggano una “presa in carico” della persona fragile); la nascita di uno “Sportello Comunale” (non uno sportello informativo che dica ai beneficiari e ai familiari come fare le cose ma uno sportello che faccia le cose al posto dell’ Ads e del beneficiario (svolga tutte le attività di gestione amministrativo/patrimoniale che riguardano i rapporti con le banche, con assicurazione, gestione condominio); se c’è la necessità di trovare nuovi Amministratori di sostegno che non siano tutti professionisti bisogna sgravare l’ Amministrazione di sostegno da tutti quei compiti burocratici e farli svolgere allo sportello; la rete attiva deve rendersi partecipe e tratteggiare tutta quella serie di compiti da assegnare allo sportello; così da fare dell’ Ads solo quello per cui era stato pensato: cioè un soggetto che parla con la persona si prende cura della persona (mentre lo svolgimento delle pratiche amministrative gestionali le svolge lo sportello/ l’ente).
- Adozione del Profilo Esistenziale di Vita presso i comuni (Oggi una sola sperimentazione presso il Comune di Reggio-Emilia); tutte le indicazioni e volontà del beneficiario vengono trasposte in un documento che tratteggia tutte le preferenze di vita della persona; avere un registro Comunale che raccolga queste indicazioni; documento che porti valore vincolante rispetto le scelte da prendere in futuro nei confronti del beneficiario (una sorta di identikit del beneficiario).
- Confronto a livello ministeriale (tavolo sulla Fragilità) in cui portare avanti un’ analisi delle buone prassi e omogeneizzazione di queste attraverso stesura di protocolli operativi da adottare uniformemente; esempio: rapporti GT-Psichiatria ben organizzati (dialogo che va organizzato); metodi comuni per calcolare le indennità in tutti i Tribunali (attualmente il calcolo dell’indennità è diverso da città a città; così come tanti altri aspetti). Per far fronte alla frammentazione sarebbe necessario un regolamento dell’ Amministrazione di sostegno scaturito dall’analisi delle buone prassi.
- in tutti quei casi di dipendenza: droga, alcol, anoressia (forme di dipendenza che trasformando il soggetto ) il GT dovrebbe prende in pugno la situazione (basta diritto penale, basta Psichiatria); non si può parlare solo di diritti ma ci sono anche doveri in capo alla persona (il fatto che un soggetto sia alcolizzato o tossico dipendente non fa sì che venga sollevato dai suoi doveri (ad esempio nei confronti di moglie o figli); si configura quindi il “Patto di Rifioritura” il GT può esercitare tutto il suo potere “diritto civile forte” ma lo fa in accordo con il beneficiario, negozialmente; trovando insieme a lui la strada (confrontandosi); ma quando viene meno questa condivisione fino a che punto è possibile spingersi nel bilanciamento di diritti/doveri?
- valorizzazione di una “empowerment negoziale”; far si che le persone fragili, non pericolose, magari un po’ in ombra, possano comunque realizzare i loro obiettivi di vita (esempio contrarre matrimonio, testare); persona che va incoraggiata ad esaltare se stessa e proprie volontà assieme alla verifica da parte del GT e dell’ Ads.
- Pietro Franzina, professore ordinario di diritto internazionale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha dedicato numerosi studi all’analisi delle problematiche legate all’amministrazione di sostegno nel contesto del diritto internazionale privato. Le sue ricerche si concentrano principalmente sulla protezione degli adulti vulnerabili in situazioni che coinvolgono più ordinamenti giuridici. In particolare nel libro “La protezione degli adulti nel diritto internazionale privato” Franzina esamina le norme di diritto internazionale privato applicabili in Italia riguardanti la protezione degli adulti. L’opera offre un’illustrazione pratica delle disposizioni contenute nella legge 31 maggio 1995, n. 218, e accenna alle possibili innovazioni derivanti dalla prospettata ratifica italiana della Convenzione dell’Aja del 13 gennaio 2000 sulla protezione internazionale degli adulti. L’autore analizza casi in cui, ad esempio, si discute in Italia dell’amministrazione di sostegno di uno straniero o quando la persona incaricata di rappresentare l’adulto debba compiere atti in uno Stato diverso da quello in cui è stato istituito il regime di protezione. ↑
- E `questo lo scenario che Paolo Cendon ha aperto con la proposta sul Patto di Rifioritura che si è tradotta nel Progetto di Legge 1440/2019 (primo firmatario, sen. Marilotti) della XVI legislatura. Abolire l’interdizione e rafforzare l’Amministrazione di Sostegno, conferendole lo strumento del Patto di Rifioritura che consiste nel chiamare a raccolta davanti al Giudice Tutelare tutte le persone e le istituzioni che hanno a cuore che quella esistenza non resti sfiorita. Non più decreti automatici e laconici, non tenaglie liberticide,ma presidi minuziosi, nessun abbandono antipsichiatrico e attenzione massima a potenziali abusi. E nel Patto il cittadino è tenuto a prendere consapevolezza dei diritti, delle opportunità e degli obblighi verso sé stesso e verso gli altri. Con un ruolo pubblico dell’Ente Locale, del Sindaco come massima autorità sanitaria ed amministrativa locale, della famiglia, degli affetti più cari. Le esperienze dal basso costituite dagli ‘‘sportelli triangolari” gestiti direttamente dall’Ente Pubblico (come a Bologna e Reggio Emilia) o tramite associazioni sostenute dall’Ente Pubblico (come a Trieste e Bolzano) dimostrano che un patto siffatto può innalzaresicuramente il potere dello Stato sul cittadino, che gli conferisce maggiori poteri ma anche più responsabilità`, e che pone la sua azione in un contesto plurimo, aperto, negoziale, sfrondato da paternalismi, soggetto a verifiche pubbliche, a revisioni e revoche, dinamico e pragmatico. ↑
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