Nell’ambito del seminario di (10 dicembre 2024) in cui è stata presentata la “Guida ipertestuale I servizi e le politiche sociosanitarie per le persone con tra gli anni ‘70 e ‘90”, si è discusso sul rapporto tra passato e presente, tra continuità e discontinuità. In quell’occasione è stato molto apprezzato il contributo di , Direttore dell’UO Ausl di Bologna, che qui riportiamo. La relatrice ha tracciato un quadro della situazione odierna dei servizi, sottolineando come, pur in un contesto caratterizzato da numerose criticità, sia importante salvaguardare alcuni principi irrinunciabili del patrimonio storico nell’ottica ancora attuale della cura ecologica.

Cosa ci insegna la storia dei servizi e delle politiche sociosanitarie in tema di nel nascente?

Ringrazio sinceramente e mi complimento per questo importante lavoro di ricostruzione[1], volto a dare valore alle azioni passate per comprendere meglio il presente. Intendo fare in modo che questo materiale diventi parte della formazione per i nuovi assunti nella territoriale, poiché ritengo fondamentale ricordare a tutti noi che lavoriamo nei servizi territoriali come questi servizi siano nati e quali siano le loro origini.

È ben descritto come nasce la Neuropsichiatria Infantile all’interno della , grazie all’opera dello psichiatra Sante De Sanctis, che nel 1899 fondò gli “asili-” per l’assistenza e il recupero sociale dei fanciulli e degli adolescenti poveri e minorati psichici, in collaborazione con Maria Montessori. De Sanctis sottolineava l’importanza di considerare la prospettiva evolutiva per favorire la crescita dell’individuo. Secondo questa visione, è fondamentale evidenziare le potenzialità e i punti di forza di ogni persona, anche in presenza di , che non viene vista come una condizione statica, ma come un esito di danno che può essere potenzialmente modificato attraverso interventi mirati.

Con Giovanni Bollea, nasce la neuropsichiatria infantile italiana del secondo dopoguerra. Bollea attribuiva un’enorme importanza all’azione educativa degli adulti (insegnanti e genitori) e credeva fortemente nell’approccio integrato tra neuropsichiatria, e azione sociale, con un collegamento stretto tra le istituzioni educative e familiari.

Come nel caso della adulta, anche la si fa portavoce della battaglia anti-istituzionale negli anni ‘60 e ’70, per la chiusura delle scuole speciali e differenziali, sancita dalla Legge 517 del 1977, dando origine alla infantile di comunità nel contesto dei nuovi servizi territoriali. Nascono le équipe con neuropsichiatri infantili, psicologi, fisioterapisti, logopedisti, ecc.

E così si realizza il modello di presa in carico multiprofessionale e multidimensionale, in un’ottica di cura ecologica, ancora tanto attuale. Tuttavia, oggi nutro una certa preoccupazione, poiché le stesse organizzazioni dei servizi stanno minando questa prospettiva, con il rischio che non ci sia più tempo per il lavoro in équipe, che non venga considerato un valore. Si rischia invece di favorire un’ottica prestazionale e produttiva, in cui ogni professionista fatica a comprendere il senso del lavoro in équipe e si chiude nel proprio ambulatorio. La storia dovrebbe insegnarci a non ripetere gli errori del passato e a non abbandonare le conquiste fondamentali per la cura in età evolutiva.

Anche l’ scolastica è a rischio, poiché stiamo assistendo a un incremento delle procedure amministrative sempre più rigide e indaginose che regolano l’, a discapito della possibilità di dedicare tempo alla discussione dei casi e a fare osservazioni a . La sensazione che si ha è che queste pratiche abbiano finalità diverse da quelle di migliorare la qualità dell’ scolastica.

Cosa è importante salvaguardare di questo patrimonio e cosa, invece, non serve più? Fatico a pensare a cosa non serva più, ma ritengo fondamentale riflettere su come mantenere saldi i principi irrinunciabili, soprattutto quelli relativi all’ottica di cura ecologica, attraverso interventi di équipe multiprofessionali. Le nuove forme di sofferenza mentale, sempre più frequenti e gravi, sono chiaramente multi-determinate da fattori macro-sociali, culturali e transculturali, e da mutamenti nei paradigmi relazionali ed educativi. Se pensiamo alla , vediamo che mutamenti nel hanno aumentato le condizioni che pongono i ragazzi a maggior rischio per la : precarietà economica, aumento delle famiglie separate, monoparentali, “incompetenti” nel ruolo genitoriale, con disimpegno nei compiti educativi e delega alle istituzioni sanitarie e socio-assistenziali. Con il COVID, abbiamo visto come la sofferenza dei sia strettamente legata alla sofferenza degli adulti.

È essenziale salvaguardare la collaborazione tra , famiglia, servizi sanitari, educativi e sociali, affinché si possa garantire una vera scolastica di qualità, dando a ogni studente l’opportunità di sviluppare appieno il proprio potenziale.

Non possiamo tornare ai tempi descritti dal dott. Rigon, quando, nel 1972, “il lavoro che facevamo con le scuole era talmente importante che il mio orario settimanale prevedeva ogni giorno la presenza in una ; l’attività clinica tradizionale in ambulatorio era ridotta”. Ora, con l’aumento del carico di lavoro, i neuropsichiatri non hanno più il tempo di andare a , e anche i gruppi operativi si svolgono online per ottimizzare i tempi. Le procedure amministrative sono aumentate notevolmente, e la rete tra le istituzioni prevede la registrazione e la produzione di referti, relazioni e passaggi burocratici. Queste procedure, come PDTA e istruzioni operative, sono certamente necessarie per fronteggiare la complessità, ma non dobbiamo dimenticare l’importanza di discutere i casi e di ascoltare quanto viene raccontato da chi vive accanto ai bambini, come genitori e insegnanti. Questo è cruciale per formulare un primo profilo della struttura psicologica del bambino e per cercare di modificare il contesto ambientale in modo da favorire il superamento delle difficoltà.

Un altro aspetto che va ripensato è l’importanza della prevenzione. Come sottolinea il dott. Rigon nella sua intervista, l’assistente sanitaria che portava a casa dei neonati il libretto sanitario, forniva le prime informazioni sulle vaccinazioni e si metteva a disposizione per rispondere ai dubbi dei genitori, rappresentava un intervento fondamentale per la prevenzione e la tutela della dei bambini. Speriamo che le Case della Salute possano favorire la ripresa di questo modello di lavoro.

Per quanto riguarda l’ scolastica, come afferma Dario Ianes nel suo libro “Specialità e normalità”[2], è necessario preservare un approccio ecologico e di capacity building, valorizzando le competenze naturali dei vari contesti di vita. Andrea Canevaro affermava: “Abilitare i contesti» non significa che l’esperto speciale intervenga direttamente con l’alunno, ma che i contesti normali vengano arricchiti di competenze specialistiche”

Anche se non possiamo più andare nelle scuole come un tempo, dobbiamo continuare a condividere la filosofia di base che ci guida, senza arretrare su questi principi. Le strade che abbiamo trovato sono molteplici: formazione e sensibilizzazione attraverso corsi per insegnanti, incontri tra famiglie, insegnanti e specialisti; collaborazione interdisciplinare con team multidisciplinari; interventi di screening come il progetto PRODSA per l’individuazione precoce; interventi personalizzati da parte degli operatori per facilitare l’inclusione; promozione del benessere con attività extrascolastiche inclusive (sport, arte, ecc.); supporto alle famiglie con consulenze, gruppi di auto-aiuto e co-progettazione.

È indispensabile riprendere il dialogo tra pedagogia e medicina, riflettendo insieme sulla direzione che stiamo prendendo, e ripensando al concetto di normalità e alle aspettative che proiettiamo sui ragazzi. È fondamentale non dimenticare che la vera inclusione scolastica è quella che permette a ogni studente di sviluppare il proprio potenziale, senza essere giudicato solo in base alla produttività e alla performance. Ci vogliono idee nuove che vanno agite con potenziale da dedicare per realizzarle.

Dott.ssa
Direttore UO Attività Territoriale (SC) Ausl Bologna

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NOTE:

  1. Cfr. Memorie vive. I servizi e le politiche sociosanitarie per le persone con disabilità. Guida all’uso della documentazione, PDF (2024)
  2. D.Ianes e H.Demo (2023), Specialità e normalità?, Affrontare il dilemma per una scuola equa e inclusiva per tuttə. Erickson