Ospitiamo l’intervento di , della rete italiana (International Institute for Psychiatric Drug Withdrawal) che affronta il tema della nel trattamento farmacologico in

Introduzione

La rete italiana che ha elaborato questa linea guida è attualmente composta da circa 160 persone che hanno un ruolo attivo nel campo della del nostro Paese. Ne fanno parte tutti i professionisti della , e non (psicologi, psichiatri, infermieri, tecnici della psichiatrica, educatori professionali, assistenti sociali, farmacisti, medici di altre specialità, sociologi, …), molti , molti familiari ed esponenti di associazioni nazionali e locali, alcuni ricercatori….

La rete italiana si è costituita a Milano, nel Febbraio 2020, sulla scia della partecipazione di alcuni di noi ad un primo incontro, a Goteborg, della rete internazionale che ha dato origine all’International Institute for Psychiatric Drug Withdrawal (www.iipdw.org per tutte le ulteriori informazioni su componenti ed iniziative). La rete internazionale, da una parte, ha promosso una rivalutazione critica delle evidenze relative al rapporto tra benefici e rischi nella somministrazione, soprattutto a lungo termine, delle principali classi di psicofarmaci. Dall’altra parte, ha valorizzato tutte le evidenze disponibili sui percorsi di de-prescrizione in : sia quelle scientifiche sia quelle messe a disposizione da alcuni gruppi di utenti esperti, a livello internazionale: Will Hall (The Icarus Project), Laura Delano (The Withdrawal Project), Adele Framer, (www.survivingantidepressants.org), solo per citarne alcuni.

Questo documento nasce quindi come frutto di un dialogo tra i vari soggetti attivi della italiana e ha lo scopo di aprire (in quanto non vuole considerarsi esaustivo) una fase di rivalutazione delle pratiche di trattamento offerte dai Dipartimenti di Italiani.

Queste pratiche, a giudizio di tutti i componenti della rete italiana, hanno visto una progressiva prevalenza delle opzioni farmacologiche rispetto alle proposte “non farmacologiche”. Questo scivolamento verso la costante centralità del farmaco ha reso molto più difficile la promozione di prospettive concrete di “empowerment”, inteso come riduzione delle asimmetrie decisionali tra professionisti e diretti interessati. I percorsi di de-prescrizione sono parte integrante delle pratiche di “recovery”, cioè di recupero di una autentica capacità di prendere decisioni autonome sulla propria esistenza.

Crediamo che i professionisti che aderiscono ai principi della orientata alla recovery non possano, e non debbano, essere privi di indicazioni e strumenti operativi per promuovere, con la necessaria cautela e gradualità, i percorsi di de-prescrizione che sono al centro di questa Linea Guida.

 

Premesse generali

  1. Diritto costituzionale di ogni cittadino italiano a decidere – in forma responsabile e informata – sulla propria salute e sui trattamenti che lo riguardano (ribadito dalla Legge 219/17).
  2. Elemento chiave della proposta di è stata, e rimane, la centralità del soggetto/persona rispetto alla malattia. Un soggetto inteso come portatore di , ma anche di una storia personale e familiare, e di un contesto. La centralità del farmaco è spesso sostenuta ed accompagnata da una predominanza della dimensione della malattia e dal rischio di scivolamento del soggetto in oggetto (di intervento medico specialistico).
  3. Comprensibilità delle esperienze di sofferenza mentale (lievi e gravi), con necessità di accompagnare la con interventi non farmacologici (psicoterapeutici in senso lato, sia individuali che sistemico-familiari, compresa la Psicoanalisi Multifamiliare e le Pratiche Dialogiche) che possano fornire strumenti per la diversa gestione di nuove possibili fasi di malessere e che consentano di esplorare le vicende biografiche del soggetto. Tra le opzioni non farmacologiche possono rientrare, se proposte dal diretto interessato, anche le tecniche di Medicina non convenzionale di tipo olistico (es. yoga, meditazione, Qi Gong, Tai chi, Rei-ki) La centralità del trattamento farmacologico è in sintonia con le teorie biologiche che alimentano e si fondano sul principio di incomprensibilità delle esperienze di sofferenza mentale.
  4. Indicazioni emerse dalle esperienze di riduzione/sospensione dei soggetti trattati con psicofarmaci (Will Hall – Icarus Project; Laura Delano – The Withdrawal Project, e molti altri, anche in Italia) che prendono in considerazione le strategie da adottare per evitare le forme di sospensione/ che hanno maggiori probabilità di insuccesso. Su questo piano, inoltre, va sottolineata l’importanza di una richiesta che venga in forma chiara dal diretto interessato (cioè chi assume i farmaci) e che prefiguri un percorso di “autoconoscenza”, teso a far aumentare e attivare, quasi in modo inversamente proporzionale al farmaco da ridurre, le proprie risorse, l’autostima che ne consegue, la socialità, l’autodeterminazione, la riscoperta dei propri talenti e la ripresa della “vita vera” che ne consegue.
  5. Dimostrata esistenza di significativi effetti indesiderati e di elevati rischi sanitari (cardiologici, metabolici, neurocognitivi, mortalità precoce…) delle principali classi di psicofarmaci, soprattutto in caso di assunzione/somministrazione a lungo termine.
  6. Costi economici e sociali delle terapie farmacologiche a lungo termine e delle fisiche e funzionali che ne possono derivare.
  7. Dimostrato aumento del ricorso agli psicofarmaci sia nelle fasce di età pediatriche, nelle fasce giovanili come pure nella popolazione anziana (con un picco nel corso della pandemia).
  8. Mancanza di percorsi di formazione e di aggiornamento sulle strategie ottimali di , ma anche sulla dimostrata efficacia dello “shared decision making” (cioè delle decisioni pienamente condivise, dopo discussione dei pro e dei contro delle opzioni disponibili). Questi percorsi vanno previsti per i medici dei DSM e gli specializzandi delle Scuole di , di NeuroPsichiatria Infantile, di Pediatria, ma anche per i Medici di Medicina Generale (dove la è già stata proposta, soprattutto nei casi, frequenti, di politerapie in soggetti anziani)

 

Premesse specifiche per i prescrittori

  1. Dimostrata esistenza della sindrome da sospensione (sia in forma acuta che in forma protratta), per gli antidepressivi, le benzodiazepine e gli antipsicotici (soprattutto in caso di sospensione brusca, che va sempre evitata e scoraggiata)
  2. Adesione ai modelli di riduzione secondo la formula iperbolica, che minimizza il rischio di una sindrome da sospensione
  3. Adesione alle indicazioni delle linee guida internazionali che suggeriscono le monoterapie come opzioni preferenziali (con conseguente semplificazione delle politerapie, in questa direzione)
  4. Conoscenza dei Contratti di Ulisse e, più in generale, dei modelli formalizzati di “crisis planning”, che fanno da base alle modalità concrete di coinvolgimento e responsabilizzazione di tutte le figure di riferimento nei percorsi di deprescrizione (e di pieno rispetto del consenso informato);
  5. Conoscenza delle implicazioni nella pratica assistenziale quotidiana della Legge 219/17 (in caso di presenza di un amministratore di sostegno; in termini di potenziale esclusione dei rischi giudiziari; come base per negoziare il passaggio dalle terapie depot alle terapie orali; ecc.);
  6. Preferenza per la prescrizione delle formulazioni in soluzione liquida orale dei principi attivi utilizzati, in vista di una facilitazione della deprescrizione
  7. Disponibilità a offrire (come Servizio) o a segnalare interlocutori/risorse del per gli interventi non farmacologici concordati (es. gruppi di auto e mutuo aiuto, psicoterapeuti o arteterapeuti, etc.) e, se possibile, a creare una piccola rete costituita da professionisti e diretti interessati, secondo le modalità previste dall’approccio dialogico;
  8. Valorizzazione delle figure di utente esperto come partner attivo nella definizione dei percorsi di deprescrizione (ed, in generale, promozione attiva della partecipazione a gruppi di auto e mutuo aiuto);
  9. Attenzione specifica agli obiettivi dei percorsi terapeutici, vista la distanza possibile tra obiettivi dei professionisti (prevenzione delle ricadute/relapse) e obiettivi dei diretti interessati (miglioramento della qualità di vita e recovery funzionale).

 

Proposte operative per le singole persone/famiglie che avviano un percorso di deprescrizione

  • Necessità di una valutazione attenta delle condizioni personali, relazionali e contestuali in cui avviare un percorso di deprescrizione. Tra di esse, vanno considerati anche i condizionamenti legati alla eventuale perdita di benefici economici, come l’assegno di invalidità
  • La costruzione del percorso di deprescrizione deve essere promossa e condivisa con il diretto interessato, fin dall’inizio.
  • È auspicabile il coinvolgimento attivo delle figure del contesto familiare e/o amicale, soprattutto nel caso in cui si adotti la formula del Contratto di Ulisse. I Contratti di Ulisse prevedono l’individuazione dei possibili segnali premonitori di fasi di instabilità e la definizione delle strategie di fronteggiamento che vengono condivise preliminarmente, in modo tale da poter essere più facilmente rispettate nel momento in cui si dovessero manifestare fenomeni critici.
  • Va considerato preferenziale il coinvolgimento attivo di tutti i professionisti di riferimento, soprattutto in caso di stesura di contratti di Ulisse
  • È preferibile anche la presenza attiva di , o di rappresentanti di associazioni locali di tutela degli utenti.
  • La proposta iniziale dovrebbe prevedere, preferenzialmente, la definizione di obiettivi di riduzione, con successiva valutazione della opportunità di giungere, nei tempi e nelle modalità concordate, ad una sospensione totale

 

Proposte per gli amministratori, locali e regionali e per gli organismi centrali che definiscono le linee programmatiche nei settori della Salute e dell’Università (comprese le Società Scientifiche, e le principali Associazioni Nazionali di utenti e familiari)

  1. Promozione di iniziative di aggiornamento dei medici psichiatri, dei neuropsichiatri infantili, dei pediatri e dei medici di medicina generale sulle corrette modalità di deprescrizione e sulla sindrome da sospensione;
  2. Inclusione di almeno un corso di formazione universitaria dedicato alla deprescrizione, in vari ambiti della medicina (compresa la , la neuropsichiatria infantile, la pediatria), oltre che inserimento di un corso specifico nelle principali Scuole di Psicoterapia (vista la tendenza di molti psicoterapeuti a promuovere attivamente la necessità delle terapie farmacologiche, in caso di forme di sofferenza particolari);
  3. Attivazione (da parte delle Società Scientifiche interessate) di iniziative di ricerca per la valutazione degli esiti a medio e lungo termine dei percorsi di deprescrizione, in funzione delle strategie specifiche adottate nei singoli casi;
  4. Parallelamente ad una, o più, ricerche quantitative, va prevista la raccolta e la valorizzazione (anche nei contesti formativi per prescrittori) delle narrazioni individuali che possono avere rilevanza e diffusione mediatica;
  5. Promozione (da parte di Associazioni e Società Scientifiche) di iniziative di sensibilizzazione sul tema del diritto al consenso informato e alla partecipazione attiva alle decisioni sanitarie che riguardano tutti i cittadini (alla luce della Legge 219/17), come pure sulle tematiche (come la sindrome da sospensione) che fanno da corollario alla deprescrizione.


Italia

 

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Bibliografia essenziale

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