Riportiamo qui il testo dell'intervento di e , tenuto il 10 novembre scorso nel seminario Il lavoro conquistato. Dalla marginalità all' socio-lavorativa, nell'ambito del ciclo “Lavorare stanca? Quale dignità in quale lavoro per crescere insieme”, Festival della cultura 2022. Viene illustrata l'esperienza del come attività professionalizzante, condotta da Aps, con persone seguite dai Servizi di salute mentale del nostro , analizzando i fattori specifici e aspecifici del suo successo, a distanza di più di 20 anni dal suo avvio.

L'esperienza di cui vi parliamo nasce 23 anni fa in un ed in un clima particolarmente favorevole caratterizzato da una grande fermento, sensibilità e partecipazione delle istituzioni e della cittadinanza ai processi di delle persone affette da disagio psichico e in un servizio in cui era molto presente il tema dell'importanza del lavoro come determinante di salute. La possibilità di avere un lavoro dignitoso e remunerato è entrato a fare parte del percorso di cura e del progetto di vita delle persone seguite dal Dipartimento di Salute Mentale.

Su questo terreno fertile ha inizio l'avventura di Onlus ora APS che, in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale, decide di investire sulla formazione di utenti in cura al DSM, con l'obiettivo ambizioso di professionalizzare ai fini di un inserimento lavorativo in un campo non convenzionale e di non facile accesso per chiunque voglia sperimentarsi quale è l'Arte teatrale. L'idea da cui si è partiti è che, pur se temporaneamente nascosti ed inibiti dalla sofferenza psichica, anche pazienti in cura presso i nostri servizi, potessero avere talenti spendibili in campo artistico/ intellettuale che, con opportuna formazione, potessero approdare ad una professionalizzazione e dunque al mestiere dell'attore.

Il felice incontro nel 1999 fra un Direttore Generale, un Direttore di Dipartimento di Salute Mentale ed un regista teatrale particolarmente sensibili al tema, creò le condizioni per dare inizio a questo progetto e in collaborazione con l'assessorato alla della RER e la Provincia di Bologna si diede avvio all'attivazione di un percorso formativo triennale, replicato dopo due anni per un secondo gruppo di utenti, organizzato come una vera e propria Accademia di Arte Teatrale. A parteciparvi persone in cura segnalate dai servizi: alcuni pazienti avevano alle spalle percorsi di studio in alcuni casi anche artistici interrotti dalla malattia, altri una inclinazione naturale/talento che i loro terapeuti avevano intuito. La loro selezione è stata fatta dal regista, analogamente a quanto accade in qualsiasi contesto artistico, assolutamente indipendente da parametri clinici e diagnostici ma strettamente sulla base del loro talento/ motivazione/ disponibilità. Il buon risultato del percorso formativo e il successo riportato dai primi spettacoli andati in scena sono esitati nella costituzione di una compagnia stabile accolta nel Arena del Sole di Bologna e, al termine del corso, gli attori sono stati scritturati regolarmente prima da Nuova Scena poi e ancora oggi, da ERT con contratto ENPALS per i lavoratori dello spettacolo ad ogni nuova produzione. Negli intervalli tra le produzioni sono stati attivati tirocini che hanno assicurato la formazione continua. Negli ultimi tre anni sono stati attivati nuovi corsi di Alta Formazione attraverso un bando dell'Assessorato alla Formazione della RER rivolti sia a giovani interessati al , studenti/ neolaureati al DAMS, sia utenti alcuni dei quali, finito il corso, hanno potuto scegliere di entrare nelle compagnie. Questi corsi hanno rappresentato, oltre che una bella opportunità formativa, un'ulteriore evoluzione per la possibilità di tutti i partecipanti di ritrovarsi, senza alcuna discriminazione, fra persone accomunate dal talento, motivazione e desiderio di imparare l'arte teatrale. Percorso analogo hanno seguito gli utenti attori del ragazzi accolti presso il Testoni di Bologna dove fanno spettacoli per bambini.

Gli spettacoli prodotti dalla Compagnia Teatro di Prosa sono stati 28, alcuni ripresi negli anni, sono state fatte diverse tournée sia nazionali che internazionali (Barcellona Pechino Tokyo Nagoya Hamamatsu in Giappone), 18 dalla Compagnia Teatro Ragazzi che rivolge i suoi spettacoli alle scuole e ai bambini e alle loro famiglie e 13 dalla Compagnia del Teatro di Figura che svolge la sua attività soprattutto nelle scuole e in spettacoli in occasione di eventi o rassegne. Quest'ultima si configura come laboratorio e l'attività è remunerata come tirocinio formativo. È di particolare suggestione per i teatri che lavorano con i bambini la tensione positiva che si crea in sala, il piacere e divertimento dei piccoli spettatori che al di là di ogni pregiudizio sanno cogliere la spontaneità e la capacità degli attori di giocare sulla scena, recitando. Il progetto , inoltre, nel 2007 ha visto nascere una radio Psicoradio, fondata sullo stesso modello di formazione dei redattori pazienti, anch'essi in cura ai Servizi, da parte di giornalisti e docenti di comunicazione e che va in onda sia sul bolognese che sul nazionale.
Ciò che noi abbiamo potuto osservare seguendo questi percorsi lavorativi è stato il crescente impegno che ha motivato i partecipanti a questa avventura, la continua e costante passione e dedizione che li ha educati ad una disciplina del lavoro, li ha gratificati, divertiti e restituito un senso di appartenenza alla comunità. Nell'affermarsi di una nuova loro identità positiva che si rispecchia costantemente con il pubblico, si sono riconosciuti come portavoce e testimoni per costruire una nuova cultura che rendesse possibile un diverso e nuovo approccio all'immagine delle persone portatrici di una sofferenza psichica e un cambiamento della loro rappresentazione sociale. Abbiamo inoltre riscontrato, nel corso di questi più di vent'anni di lavoro, che questa esperienza lavorativa è stata fondamentale anche per la gran parte di coloro che hanno deciso di non continuare con il teatro, poiché li ha arricchiti e facilitati nell'intraprendere altri percorsi lavorativi. Questo peraltro è un aspetto condiviso da altre esperienze di teatro promosse dai dipartimenti di salute mentale della regione ed è in corso una ricerca in due DSM volta a mostrare la funzione del teatro nel facilitare l'accesso al mondo del lavoro.

Ci pare importante ricordare che quasi tutti i Dipartimenti di Salute Mentale della Regione hanno promosso nel corso degli anni attività teatrali, molte delle quali sono esitate nella costituzione di compagnie. Nel 2007 si è costituita una rete di queste esperienze coordinate dall'Istituzione Gian Franco Minguzzi e dal 2016 ad oggi è attivo un protocollo firmato dagli Assessorati alla e alla Cultura della Regione, dall'Istituzione Minguzzi, che coordina la rete dei teatri della salute mentale dei dipartimenti regionali e da APS in rappresentanza dei teatri che accolgono le compagnie della regione. Il protocollo rappresenta un originale e virtuoso esempio di co-progettazione fra e Cultura ed ha finalità di sensibilizzazione, ricerca e circuitazione degli spettacoli nei cartelloni dei teatri della Emilia-Romagna. Stiamo inoltre lavorando per una rete nazionale, grazie ad una ricerca condotta da Volabo in collaborazione con l'istituzione Minguzzi, che ha individuato tante esperienze simili alle nostre. La cosa sorprendente è che il COVID con la conseguente molto sofferta chiusura dei teatri non ha fermato questo processo virtuoso, ma i gruppi hanno continuato a lavorare online costruendo anche prodotti video interessanti e andando poi in scena quando è stato possibile.
Riportiamo alcune testimonianze tratte da interviste fatte nel corso di una ricerca poi diventata pubblicazione ‘A teatro. In compagnia' (Pendragon, 2017), condotta dalla professoressa Zani titolare della cattedra di Sociale dell'Università di Bologna e dalla allora dottoranda dottoressa Guarino.

Mi sono sentita importante, mi sono sentita una persona che c'ero, prima ero giù nel senso, non mi sentivo una persona, non so cosa sentivo, non mi ricordo, però non stavo tanto bene e il teatro mi ha aiutato a stare anche meglio nella vita; a conoscere altra gente. “(Bo/F, 47, 17)

“Il teatro mi ha permesso di avere padronanza di me nel senso che lo psicofarmaco te la può togliere questa padronanza: quindi il recitare ha l'effetto catartico di essere padrone di queste capacità e la consapevolezza di avere questa padronanza “(Bo, M)
“Mi sento un lavoratore, a me fa sentire protagonista“(Bo, M)

“Ho preso consapevolezza che non sono proprio una nullità, come mi ritenevo appena uscito dal ricovero, ma posso dare il mio contributo alla società
“Mi sento molto investito del fatto che io sono portavoce di coloro che non riescono o che non possono o che non ce la fanno: cioè mi sento molto investito dell'attore. Mi interessa che la gente prenda più coscienza del problema. Voglio dire, non è che noi siamo la percentuale di quelli pericolosi, siamo nella come gli altri. Se le persone capiscono che possiamo fare qualcosa di importante, non solo nel teatro ma anche nelle altre attività e mettiamo la mano sulla coscienza di qualcuno, lo ritengo positivo” (BO, M)

È stata la svolta della mia vita, decisamente; è una delle cose indispensabili per uno che non sta bene, il teatro come tutte le forme di arte aiuta molto a quelli come noi che non è che siamo diversissimi, insomma siamo persone che hanno un po' di remore a mettersi in gioco, metterci la faccia”
“La cosa bella, diversa del nostro progetto è che ci hanno proprio formato per imparare il mestiere, insomma, non era teatro terapia; sì, ho la responsabilità di portare avanti la nostra convinzione…”

“Ho iniziato quasi per scherzo e non avrei mai immaginato di poter salire sul palco con tanta gente che mi guardava Poi mi ha appassionato e ho acquisito più fiducia in me stessa e grazie ai commenti positivi degli altri ho acquisito forza e voglia di continuare. Quando ci hanno assunto la prima volta è stata una soddisfazione enorme…venire retribuita per divertirmi ed emozionarmi e fare divertire ed emozionare chi ti guarda è una cosa meravigliosa.”

Cosa ha reso questo lavoro degno di essere mantenuto ed oggetto di investimento portatore di soddisfazione e crescita personale? Pensiamo che siano entrati in gioco alcuni fattori aspecifici (comuni ad altre attività) ed altri specifici del lavoro teatrale.

Fra gli aspecifici:

  • il percorso formativo che ha rappresentato per molti di loro la ripresa di percorsi di studio interrotti e che ha riattivato interessi, curiosità ed ha fornito competenze specifiche e capacità spendibili per ottenere un risultato concreto
  • l'esistenza di un OBIETTIVO COMUNE: quello di apprendere e raggiungere una professionalità per “sfidare la scena” con il saggio finale, lo spettacolo;
  • la formazione in GRUPPO e di un GRUPPO come luogo in grado di aiutare ad assorbire le ansie, le tensioni e la fatica che ha aiutato a restituire coesione, continuità e vitalità al senso di sé e alla possibilità di ritrovare valide relazioni e ad utilizzare al meglio l'esperienza pedagogica facilitando l'apprendimento.
  • l'INCONTRO con persone non addette alla “materia psichiatrica” che ha permesso loro di uscire da un'ottica di cura soprattutto attenta alle loro carenze e limiti ed essere considerati e valutati per le loro capacità.

Tra i fattori specifici:

  • L'intervento dell'elemento creativo nel processo di apprendimento e di uno spazio che potremmo definire di “gioco”
    Anche se l'obiettivo finale è quello di apprendere una professionalità che permetta di entrare nel mondo del lavoro, nel teatro non solo ci si impegna e si fatica per costruire un “prodotto” culturalmente valido, ma si “inventa e si crea” qualcosa di nuovo e ci si diverte.
  • la mobilizzazione di percezioni e sentimenti prima occultati dalla sofferenza attivati anche dalla dinamicità che lega l'attore al personaggio, altro da sé ma al contempo espressione di una parte di sé. Pensiamo che gli allievi abbiano trovato uno spazio intermedio tra il loro mondo interno, pieno di angoscia, frammentazione e ‘fantasmi', ed un mondo esterno, che non è quello della realtà ma quello di una messa in scena in cui i personaggi recitano una vita. Per questo motivo tutto diventa meno pericoloso, si può giocare, si può sbagliare, lo si può rimodellare (inventare storie sui personaggi o personaggi nelle storie) E questo ‘esercizio' li facilita poi nella vita reale.
  • il pubblico, che con il suo guardare attivo e silenzioso, esercita una funzione di specchio. Rappresenta l'altro che guarda (il familiare, l'amico, lo sconosciuto…) che vede il protagonista in una veste nuova, creativa e di successo; che può, attraverso l'applauso, riconoscere nel protagonista capacità e rimandargli un'immagine positiva e rinforzarne l'autostima e il senso di identità.

Pensiamo che questo speciale incontro, sotto molti punti di vista, fra il mondo dell'arte e il mondo della sofferenza mentale si sia rivelato molto proficuo sia per l'arte che per la salute mentale. Pur nella precarietà che caratterizza la figura e il mestiere dell'attore, così come recita il titolo del nostro intervento, titolo peraltro di un testo che evidenzia le contraddizioni e carenze presenti nel percorso e professione dell'attore, le compagnie di ci hanno stupito per l'impegno, la costanza la professionalità con cui continuano a lavorare e a donare piacere e bellezza alla comunità.

Un eroe borghese di Thomas Mann sostiene che una “persona perbene” dovrebbe avere un buon impiego e non scrivere poesie, dipingere quadri, suonare strumenti musicali, fare teatro.
Ai nostri attori diciamo: grazie per averci dimostrato che non è vero!

e ,
psichiatre, Arte e salute Aps,
Coordinamento regionale Teatro e salute mentale