Ripubblichiamo qui il post di , tratto dal suo blog I viaggi di Valerix. Una esperienza vissuta quando “il mondo della
incrocia “il mondo dei normodotati” e, sulla base di un fraintendimento del contesto,
si mettono in moto dinamiche relazionali inattese e non usuali.
Il tono è ironico, ma decisamente serio e coglie nel segno, mettendo a nudo
– e in modo efficace più di tanti saggi scientifici – gli stereotipi più o meno consapevoli e difficili da estirpare,
che costellano ancora la relazione tra persone con e persone senza

Torno a scrivere qua dopo molto tempo perché mi è successa una cosa alquanto buffa.
Per chi non lo sapesse, il 6 agosto del 2016, mentre ero a Capo Nord (e ci ero arrivata in auto partendo da Bologna!!), ho deciso di inciamparmi nell'unico gradino incontrato in tutto il viaggio attraverso la Norvegia (la terra delle fiabe dell'accessibilità). La gamba è rimasta incastrata nello spigolo dello scalino e si è come “strappata”: una lacerazione parecchio brutta, più di 30 punti nell'ospedale più a nord d'Europa, un medico-baleniere, e parecchio tempo per guarire. A distanza di quasi un anno, devo ancora portare un cerotto nel “buco” creato dallo scalino e ho una cicatrice abbastanza vistosa, più che altro la pelle intorno alla cicatrice è ancora molto arrossata per la botta.
Qualche giorno fa, per la prima volta dall'incidente, ho deciso di uscire di casa con le bermuda. Ed è qui che è successa la cosa buffa. Ovviamente la gente mi guardava la gamba, io per la verità sono abituata a essere guardata per strada perché la gente non riesce a capire che tipo di io abbia: mi identificano come una disabile ma non sanno cosa mi è capitato e quindi osservano con attenzione per farsi un'idea. Ad ogni modo, anche quando pensano che ho avuto un incidente e che non sono nata disabile, si fanno comunque l'idea che l'incidente sia irreversibile e che ormai io sia rimasta disabile a vita. Ma è qua che interviene la gamba!! Perché con la sua cicatrice “ancora fresca” sembra che io abbia subito un incidente anche particolarmente brutto, ma visto che cammino, esco, sfoggio la ferita, evidentemente sto guarendo e nel giro di qualche mese tornerò come prima.
In pratica ora sono “una di loro”! Una normodotata che ha avuto un piccolo arresto di qualche mese nella vita da normodotata, ma che si sta riabilitando e presto tornerà come prima, cioè normodotata.
La cosa ovviamente mi fa super ridere, perché quando la gamba guarirà del tutto io tornerò come prima, cioè disabile dalla nascita! Ma questa specie di limbo in cui mi trovo ora, un limbo creato dalle idee che si fanno le persone, mi fa provare per la prima volta nella mia vita cosa significa essere normodotota, “una di loro”.
Dato che sono una di loro non mi trattano più come se io non capissi bene l'italiano (perché si sa, i disabili sono sempre anche un po' tonti, in qualche modo ci “sono rimasti” anche con la testa).
Dato che sono una di loro mi aiutano, e questa cosa a me fa ridere ma ovviamente se ci pensate è paradossale: mentre quando sono disabile mi “schifano” anche un po', e non mi chiedono mai se ho bisogno di aiuto (questo almeno in Italia, all'estero è un altro mondo), quando sono una normodotata incidentata mi aiutano perché in fin dei conti ho una difficoltà momentanea, che può capitare anche a loro (mentre la col cavolo che può capitare anche a loro, scongiuri e controscongiuri e corni rossi e toccatine di parti basse).
Dato che sono una di loro sono coraggiosa, perché esco comunque di casa anche se non sono guarita, perché provo a riprendere le redini della mia vita, mentre quando sono disabile non sono coraggiosa anche se vado in giro da sola, anzi sono una sciagurata (non potevi stare a casa tua? Guarda, sei andata in giro e sei pure caduta!).
Dato che sono una di loro, se esco con gli amici è normale, in fin dei conti è quello che facevo prima dell'incidente e presto tornerò anche a ballare con loro, mentre quando sono disabile se esco con gli amici non sono mai veri amici ma gente che ha il cuore d'oro, l'animo pietoso e quindi, come favore o come volontariato, accettano di portare fuori anche me.
Dato che sono una di loro, nei negozi le commesse o i commessi mi trattano con rispetto, mentre quando sono disabile spesso hanno la faccia del “sì questa maglia è bella ma su una disabile insomma” o del “ma cosa te ne fai della borsa firmata scusa?”.
Dato che sono una di loro se mi lamento dell'ascensore mancante ho perfettamente ragione, mentre quando sono disabile sono la solita disabile brontolona che pretende che il mondo sia fatto a sua misura.
Beh l'estate è ancora lunga, cara gamba! Continuiamo a sfruttare questi privilegi!
(Si ringrazia il gradino di Capo Nord per il contributo).


Giornalista